In futuro basteranno solo pochi minuti: un semplice test visivo per capire se il bambino in futuro soffrirà di autismo (o DSA), un nome dietro al quale si celano diversi disturbi neurologici.
È su questo punto che si concentrano le ultime ricerche scientifiche, per migliorare la diagnostica di questa condizione ancora oggi poco conosciuta e indagata.
Il test per capire la predisposizione all’autismo del neonato
Già qualche anno fa, il lavoro di un’equipe di ricerca medica svedese, aveva pubblicato il frutto di anni di studi attorno alla possibile prevenzione dell’autismo, o, per meglio dire, la probabile predisposizione di un bambino nei confronti di questa neuropatia purtroppo oggi in diffusione percentuale crescente.
Pubblicata sull’autorevole rivista di settore Journal of Child Psychology and Psychiatry, lo staff dell’Uppsala Universitet (Svezia) ha lavorato direttamente ricercando eventuali segnali premonitori che possano rivelare un’accertata predisposizione all’autismo già in tenera età.
Lo studio ha direttamente coinvolto i fratelli minori di bambini nei quali l’autismo era già precedentemente confermato dagli psicologi, per restringere il range di ricerca e puntare direttamente alla scoperta di eventuali ereditarietà genetiche, capirne la percentuale di trasmissione e predisposizione famigliare.
Lo sguardo dei neonati per capire l’autismo
La ricerca ha individuato diversi fattori ma, quello più interessante per la comunità scientifica, riguarda la possibilità di capire, attraverso test attitudinali da eseguire entro il primo anno di vita, se il neonato potrà sviluppare le sindromi relative all’autismo durante la sua crescita.
L’equipe dell’Università di Uppsala ha infatti scoperto che i bambini predisposti, sottoposti a test ottici, rivelano una minore attenzione nei confronti degli stimoli visivi e sonori ideati per ricercare eventuali sincronie d’attenzione nello sguardo e nell’empatia del volto nei confronti dei test. Il campione di bambini sottoposti alla ricerca ha inquadrato il periodo in cui ricercare la predisposizione all’autismo attorno ai 10 mesi; l’equipe ha quindi mostrato loro una serie di immagini, video e slide fotografiche, in rapida successione, un video della durata di pochi minuti, segnando il grado di concentrazione ed emotività di ognuno di essi.
I bambini che dimostravano una sorta di apatia nei confronti del video sono quindi stati monitorati per i tre anni successivi e parte di loro ha effettivamente manifestato le sindromi relative: un piccolo passo avanti per capire un po’ di più questo disturbo neurologico purtroppo ancora per molti aspetti misterioso per la scienza.
Il tracciamento oculare come diagnosi sempre più precisa
Negli ultimi anni si sono aggiunte altre ricerche, che confermano e approfondiscono i risultati del team svedese. Anche un team di ricercatori americani della Purdue University (Indiana) ha esposto sulla rivista scientifica dell’American Medical Association (JAMA) le sue conclusioni.
Secondo lo studio, l’osservazione dei movimenti oculari, opportunamente stimolati, può facilitare l’identificazione dei bambini con autismo fin dalla prima infanzia. I risultati sono promettenti: il metodo ha individuato correttamente il 91% dei bambini autistici e l’87% di quelli non autistici. Questi dati suggeriscono che, affiancato ai test tradizionali, questo approccio potrebbe rappresentare un metodo rapido e non invasivo per diagnosticare l’autismo nei bambini.