Una delle cause principali per cui i medici ricorrono al parto cesareo è la sofferenza fetale. Dietro questo termine così angoscioso c’è una situazione in cui il battito cardiaco del bambino è al di sotto dei livelli nella norma, fissati al termine della gestazione in 120 e 160 battiti al minuto.
Le cause che possono portare alla sofferenza fetale sono diverse e vanno principalmente ricondotte a patologie e malformazioni celebrali già note nel bambino oppure in cause impreviste e improvvise che possono ridurre l’afflusso del sangue al cervello e, quindi, pregiudicare la salute del bambino.
In quest’ultimo caso, le situazioni più frequenti sono il cordone ombelicale che si attorciglia attorno al collo del bambino e, quindi, può portarlo al soffocamento e l’ipertonia uterina che, con l’intensificarsi delle contrazioni, riduce il passaggio di sangue dalla placenta.
La sofferenza fetale viene individuata con il cardiotocografo che, tramite due sonde, rileva il battito cardiaco ed evidenzia eventuali anomalie nello stato di salute del bambino. Una volta rilevate le anomalie, gli operatori (ginecologi ed ostetriche) decideranno il da farsi e, spesso, la soluzione è quella di praticare un parto cesareo d’urgenza.
Ricorrendo al parto cesareo si cerca di evitare che la sofferenza fetale sia causa di conseguenze di lungo periodo, come ad esempio i ritardi cognitivi e intellettuali che la mancanza di ossigeno per diversi minuti può provocare. In tal senso, una volta dimesso il bambino dall’ospedale possono essere previste delle sessioni di follow up di neuropsichiatria infantile, per verificare l’assenza di eventuali conseguenze.
La comunicazione da parte degli operatori della presenza di una sofferenza fetale mette sempre in ansia le mamme e, del resto, non potrebbe essere diversamente. Tuttavia, in questi momenti concitati il consiglio è di cercare di mantenere la calma e confidare nella professionalità e nella competenza del personale che in quel momento ci assiste.