Certe parole traghettano in luoghi lontani, trasformano un divano in un tappeto volante, e realtà difficili in storie di stupore.
“Quando mi fai vedere le persone senza mani, mamma?”
È Patrick che chiama, dal sedile di dietro, mentre siamo in auto.
“Hai ragione, mi sono dimenticata…”
Ha scelto il libro dei dinosauri a scuola, uno dei più noiosi. Me lo sono caricata tra ombrello (aperto), bambini e pancione, poi sul divano giallo in camera mi sono messa a guardarlo con loro, un falso compiacimento negli occhi stanchi, quelli che invece inseguono divertiti le finestrelle di cartone da aprire. Tento uno slancio: “Ehi, guardate qui sotto, dentro la tasca del bambino: c’è un piccolo dinosauro rosso. Rosso? In tasca? Cosa ci fa? Lo usa per soffiarsi il naso al posto del fazzoletto!” suggerisco.
Sgraniamo occhi e risate, apriamo e chiudiamo, poi Sarah spicca il volo: “Guarda, mamma, non ho più le mani!”
Le ha infilate tra i cuscini del divano, le tiene lì, ingoiate, fiera per la trovata.
“Ma lo sai che ci sono persone senza mani per davvero? Fanno tutto coi piedi, oppure con la bocca. Perfino dipingere. E sono bravissimi. Il nonno ne conosceva alcuni. Chiedete al nonno, la prossima volta. Ditegli di parlarvi delle persone focomeliche. Si chiamano così.”
Alla pagina seguente ci richiama un triceratopo, voliamo in cielo con lo pteranodonte e infine ci tuffiamo tra le acque dell’ittiosauro.
Però a loro è rimasta addosso quella scoperta: le persone senza mani. Infilata nella fessura dei loro occhi come una busta nella casella delle lettere, sono venuti subito a prenderla. Gli ho consegnato un lembo di realtà diversa, così, dal mondo dei grandi, e loro tirano la veste, vogliono vedere il resto.
“Dopo vi faccio vedere su internet” prometto.
La spesa, le cose, le ore. Dimentico.
Finché il richiamo dei figli e il pc sotto mano coincidono: vado a cercare un video, un signore dipinge con il pennello in bocca. È quello, che li cattura. La carrozzella, le braccia monche, il resto, sono capricci da adulti, forse. Impallidiscono sotto la meraviglia di quelle labbra, dei colori della tela. Delle parole di mio figlio che esclama: “Disegna meglio di me con le mani!”
Quegli occhi fessura dove crediamo non entrino le cose grandi, si spalancano come nessuno dei miei sguardi saprebbe fare. Inspirano senza paura.
Gli dai un pezzo di realtà diversa, loro la plasmano, come il didò. Diventa morbida ogni cosa. Ogni cosa è una fiaba. Una finestrella da aprire.
Che ancora a sera, molte ore dopo, rimane con noi: “Sarah ti metto un cartone?”
“No, mamma – ribatte cristallina – voglio vedere le persone senza mani.”