L’Aifm, Associazione italiana di fisica medica, si schiera contro le troppe radiografie prescritte ai neonati prematuri: metodiche sorpassate possono danneggiare i piccoli pazienti.
Eccessiva esposizione ai raggi X
L’Aifm ha svolto un’accurata indagine scientifica sui rischi radiologici nei neonati prematuri. La ricerca, realizzata in collaborazione con la Sin (Società italiana di neonatologia) e la Fism (Federazione delle società medico-scientifiche italiane) ha valutato il tasso di esposizione alle radiazioni e i rischi che queste potrebbero comportare nei bebè nati pretermine. Lo studio, durato 3 anni, si è basato sul confronto di apparecchiature, metodiche e dosi di circa 500 radiografie, compiute in 16 dei più importanti centri italiani provvisti di un reparto specifico di terapia intensiva neonatale.
Le culle dei neonati prematuri non sono schermate contro i raggi X
I risultati emersi non sono molto incoraggiati. Da quanto rilevato, delle culle analizzate solo 2 su 7 sono schermate in modo adeguato. Le restanti, invece, possiedono valori di schermatura eccessivamente alti e questa non è una buona notizia. Culle troppo schermanti, infatti, mettono in condizione il radiologo di somministrare una dose maggiore di raggi X al paziente in modo da ottenere una buona immagine fotografica e, se si tratta di bambini (sopratutto prematuri), i danni potrebbero essere notevoli. I bimbi, infatti, sono più radiosensibili degli adulti (anche fino a 10 volte) e ancor più le femmine rispetto ai maschi: ciò comporta una maggior esposizione al rischio di sviluppare diverse malattie.
Tecniche sorpassate e poco adatte ai più piccoli
Un altro dato piuttosto sconcertante rilevato dall’Aifm, è quello riguardante le tecniche radiografiche adottate nei prematuri, che sono il frutto di “prassi variegate derivanti dall’abitudine, piuttosto che da una precisa ottimizzazione“. Quindi, le metodiche sono sempre le stesse perché finora è andato bene così, o sarebbe il caso di dire, perché prima di adesso non era stata svolta un’indagine che rendesse evidente la criticità dei metodi radiografici nei prematuri. Secondo gli esperti, dunque, sarebbe il momento di progettare culle senza materiali radiopachi, limitare le esposizioni total body e utilizzare degli schermi di protezione per tutelare quelle zone corporee maggiormente radiosensibili come occhi, tessuto mammario e gonadi.