Sebbene il parto sia un evento assolutamente naturale e fisiologico, man mano che la data del parto si avvicina in ogni donna sale un pochino di paura.
Sarò in grado di sopportare il dolore? Riuscirò a partorire in modo naturale? E se dovessi essere sottoposta ad un parto cesareo, sarei meno mamma?
Qualche settimana fa abbiamo partecipato ad un interessante evento: “Io Parto Consapevole“. Promosso da Johnson & Johnson Medical con il patrocinio di AOGOI (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani), SYRIO (Società Italiana di Scienze Ostetrico-Ginecologico-Neonatali) e SICHIG (Società Italiana di Chirurgia Ginecologica), incontro che ha saputo fornire informazioni complete e corrette alle mamme e future mamme sull’esperienza del parto cesareo.
Non a caso, il parto cesareo, oggi, porta con sé tantissimi dubbi ed è spesso fonte di discussione.
Chi dice che in Italia se ne fanno troppi, chi troppo pochi, chi lo vede come l’unica via per partorire, chi come la via assolutamente da evitare, chi riesce a vivere questo evento con serenità, chi invece come una forma di sconfitta.
A fare chiarezza e a rispondere in modo competente a tutte le domande c’erano diverse personalità illustri in campo ostetrico – ginecologico: il Professor Luigi Frigerio, Direttore U.O.C. di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, il Professor Franco Odicino, Direttore del Dipartimento Ostetrico-Ginecologico degli Spedali Civili di Brescia, la Professoressa Miriam Guana, Professore Associato di Scienze Infermieristiche Ostetrico-Ginecologiche all’Università degli Studi di Brescia e la Dottoressa Nadia Rovelli, Ostetrica, Presidente Ordine della Professione Ostetrica interprovinciale BG-CR-LO-MI-MB.
Parto cesareo: dati reali versus immaginario collettivo
I dati ufficiali, in Italia, raccontano che la percentuale di parti derivanti da taglio cesareo si assesta intorno al 35% (dati Cedap sull’evento nascita in Italia) nonostante l’OMS affermi che la percentuale ideale, per un Paese, dovrebbe assestarsi intorno al 15%: tutti i professionisti sanitari presenti al dibattito erano concordi nell’affermare che, ad oggi, questa percentuale può essere limata ma non è possibile raggiungere l’indicazione suggerita dall’OMS.
I fattori che concorrono nel far sì che una donna subisca un parto cesareo, sono molteplici: prima di tutte eventuali patologie legate alla gravidanza o a condizioni di natura fetale (ad esempio che il bambino si trovi in posizione fetale al primo parto), poi ci sono anche le condizioni non prevedibili, come le urgenze legate allo stato di salute materno o fetale durante il travaglio.
L’unico obiettivo che si persegue, quando si decide di procedere ad un parto attraverso taglio cesareo, è quello di garantire sopravvivenza e benessere sia alla mamma che al bambino.
Da una recente ricerca on line si evince, invece, che le persone che “temono” di incorrere in un taglio cesareo al momento del parto sono molte di più: il 46% delle donne afferma di sentirsi molto o abbastanza spaventate dalla possibilità di essere sottoposte a taglio cesareo al momento del parto, dato pressoché sovrapponibile tra i futuri padri (fonte Ipsos).
Inoltre, la paura di incorrere in un taglio cesareo al momento del parto è molto più forte tra le donne giovani (20/30 anni) che tra le donne più mature. Questi dati ci raccontano che, al momento, quello che manca di più è una corretta ed esaustiva informazione.
Falsi miti legati al parto cesareo
Da sempre, il parto mediante taglio cesareo porta con sé una serie infinta di miti e credenze che vanno a peggiorare l’esperienza vissuta da ogni donna, soprattutto se si trova a vivere l’evento senza aver prima ricevuto una corretta informazione e senza aver avuto il tempo di prepararsi psicologicamente ad un evento diverso da quello che si era immaginato.
Proviamo a sfatare qualche falso mito, insieme alla Professoressa Miriam Guana e alla Dottoressa Nadia Rovelli:
- Con il taglio cesareo si è meno mamma: falso. Il taglio cesareo viene fatto per ragioni mediche e riguarda la salute sia della mamma che del bambino.
- Con il taglio cesareo non posso allattare al seno: falso. Come nel parto naturale, l’allattamento è fortemente consigliato sia per favorire l’attivazione del primo legame mamma bambino che come scelta di alimentazione più idonea per il neonato. In questa fase è molto importante la presenza di personale ostetrico qualificato per permettere alla mamma di vivere l’esperienza dello skin to skin (ovviamente deve essere presente una condizione di pieno benessere sia della mamma che del bambino).
- È meno doloroso di quello vaginale: falso. Può apparire così ad un primo sguardo, ma quello che fa davvero la differenza è nel dopo parto, dove con il taglio cesareo ci si trova ad affrontare un vero e proprio post – operatorio.
- Si può fare al massimo due volte: falso. Di sicuro le operazioni successive al secondo taglio cesareo potrebbero essere più complicate e durare più a lungo per via delle precedenti cicatrici.
- Evita eventuali problemi al pavimento pelvico: falso. È dimostrato che dopo il taglio cesareo i problemi di incontinenza urinaria sono inferiori rispetto al parto naturale ma non sono del tutto assenti (questi infatti sono legati alla gravidanza e al travaglio, non solo al parto).
- Impedisce successivi parti per via vaginale: falso. È infatti possibile partorire per via vaginale anche se si è stati sottoposti a taglio cesareo in precedenza. Occorre solo maggiore attenzione da parte del personale sanitario, al momento del parto.
- Non si può fare la doccia per una settimana: falso. Già dopo due giorni dall’intervento è possibile fare la doccia, facendo attenzione ad asciugare bene la ferita ed eventualmente sostituire la medicazione (avendo cura di disinfettare la ferita quando scoperta), se necessario.
- Se la ferita si infetta, avrò delle recidive: falso. Difficilmente una ferita che si infetta ma che viene curata in modo adeguato è soggetta a re-infezioni. In questo caso è importante però che la medicazione della ferita sia fatta da un professionista sanitario, in un ambiente pulito come un ambulatorio ospedaliero. Non è nemmeno detto che, in caso di recidiva, sia assolutamente necessario prendere l’antibiotico.
In particolare, per quanto riguarda le infezioni, è fondamentale saperle riconoscere per tempo, per iniziare la cura in modo precoce e scongiurare fastidiose e pericolose conseguenze.
Come riconoscere che una ferita si è infettata?
Innanzitutto ci sono dei segni e sintomi caratteristici: febbre, astenia (eccessiva e immotivata debolezza), inappetenza (mancanza di appetito), sito della ferita arrossato, caldo e dolente, con possibile presenza di pus o siero, lochiazioni (perdite post parto) maleodoranti.
In questi casi è fondamentale rivolgersi immediatamente al medico per iniziare la cura più adeguata. Infatti, se il grado di infiammazione è lieve, ad esempio se c’è solo arrossamento e dolore del sito della ferita, potrebbe essere sufficiente una cura di tipo locale, con il controllo e la revisione della medicazione da fare in ambulatorio medico, se invece c’è la presenza di pus o siero dalla ferita o febbre e altri sintomi più gravi, allora è probabilmente necessario affiancare, alle cure locali, anche una cura sistemica, attraverso l’assunzione di un antibiotico per bocca.
Questo tipo di valutazione (sia per quanto riguarda la cura locale che quella sistemica) la deve fare solo e soltanto il personale sanitario a cui è fondamentale affidarsi in caso di dubbio.
Ricordatevi; mai avere paura di fare domande se sembra che le informazioni ricevute non siano esaustive, mai aver paura di tirare fuori i propri dubbi, le proprie insicurezze, le proprie titubanze. Il primo passo verso un cesareo sereno passa attraverso la comprensione e l’accettazione dell’evento.
Nuovo percorso nascita in Lombardia
Da gennaio 2019 è stato attivato un nuovo percorso nascita all’interno della Regione Lombardia.
In questo nuovo percorso, idealmente, la presa in carico dovrebbe avvenire addirittura in fase pre-concepimento (dove le donne possono avere delle sessioni di counseling gratuito), per proseguire poi per tutta la gravidanza e terminare dopo le prime otto settimane post-parto.
L’obiettivo è quello di far sì che ogni donna possa avere un’ostetrica di riferimento che le segua per tutto il percorso.
Si è ripensato ad un percorso nascita che va in questa direzione perché il 70% delle gravidanze è assolutamente fisiologico, perciò quello di cui una donna necessita davvero è un supporto ostetrico che l’accompagni per la gravidanza e la prepari ad affrontare il parto nel modo più sereno possibile, per poi seguire la donna nel periodo più delicato, il primo post partum. Ovviamente, qualora la gravida mostrasse problemi di qualsiasi genere può essere presa in carico dalla giusta figura sanitaria, grazie alla rete assistenziale presente sul territorio.
La gravida, al momento del parto, può scegliere la soluzione o la struttura che ritiene più idonea per sé e, alla dimissione, tornare in carico all’ostetrica dell’ambulatorio, che la seguirà ancora per 8 settimane, anche con alcune visite a domicilio.
Dal 2019, inoltre, tutti questi percorsi sono offerti in totale gratuità e raccolti all’interno dell’“agenda del percorso nascita” che segue la donna per tutto il periodo.
L’obiettivo è quello di normalizzare un evento fisiologico, sostenendo e mettendo in luce le innate competenze materne e paterne, tornando ad affidarsi al personale ostetrico ginecologico in una forma di assistenza definita one – to – one.
Ovviamente al momento il percorso non è attivo in tutte le aree lombarde ma solo in alcune perché prevede un forte cambiamento dell’attuale modello di assistenza, di sicuro la fase più facile e immediata da attivare è quella dell’assistenza domiciliare post parto.
Post in collaborazione con Johnson&Johnson Medical