29 Aprile 2024 –
Un neonato affetto da grave cardiopatia congenita è stato trasferito dall’Inghilterra all’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, dove è stato sottoposto a due interventi chirurgici per stabilizzare la sua condizione cardiaca e si prepara ora per ulteriori operazioni.
In Inghilterra, i medici avevano suggerito ai genitori la possibilità di abortire data la gravità della condizione del bambino, una decisione che non è stata nemmeno presa in considerazione dalla coppia, che non ha mai perso la speranza.
Una nuova speranza a Roma
Già durante la gravidanza, ai genitori di D.M., residenti in Inghilterra, viene prospettata l’interruzione di gravidanza dai medici inglesi, che diagnosticano una grave cardiopatia congenita nel piccolo. Di fronte a questa sentenza, la coppia, di fede cattolica, non si arrende e sceglie di portare in grembo il loro bambino.
Alla nascita, D.M. pesa solo 1,6 kg, troppo poco per i protocolli sanitari inglesi che subordinano le cure ai 2 kg di peso. In balia di un sistema che sembra volerli condurre verso il doloroso epilogo del fine vita, i genitori decidono di combattere.
Nonostante l’Inghilterra avesse già programmato un’udienza presso il tribunale specializzato in diritto di famiglia per discutere il suo caso, l’intervento dell’avvocato Simone Pillon, già al fianco della famiglia di Indy Gregory, ha permesso di ottenere il via libera per il trasferimento in Italia.
La cooperazione tra l’ospedale Bristol Royal for Children, che si era dichiarato incapace di procedere con l’intervento necessario, e l’ospedale Bambino Gesù, ha permesso di organizzare rapidamente il trasporto e l’assistenza medica necessaria. Il dottor Lorenzo Galletti, cardiochirurgo all’ospedale Bambino Gesù, ha accettato di curare D.M., dimostrando l’impegno dell’ospedale nel trattare casi complessi.
Un volo speciale, organizzato dall’Aeronautica Militare e con il supporto della Presidenza del Consiglio, porta D.M. a Roma, dove viene accolto dai medici del Bambino Gesù. Subito vengono eseguiti due interventi per il bendaggio dell’aorta per stabilizzare la sua condizione cardiaca e una terza operazione è in programma: il piccolo combattente lotta per la vita, sostenuto dall’amore dei suoi genitori e dalla professionalità dei medici italiani.
Indy Gregory e gli altri casi del passato
Il caso di D.M. richiama alla memoria altre storie tragiche, come quelle di Charlie Gard, Alfie Evans e Indi Gregory, che hanno sollevato domande sulla giustizia medica e le decisioni di fine vita nel Regno Unito. Questi bambini, affetti da malattie rare e gravi, sono stati al centro di battaglie legali tra i desideri dei genitori e le decisioni dei medici e dei tribunali, che spesso hanno optato per la cessazione delle cure.
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Contrariamente a questi casi, la famiglia di D.M. ha trovato una via per continuare la lotta per la vita del loro figlio, rifiutando la raccomandazione di terminare la gravidanza e decidendo di trasferirlo in un paese con un approccio diverso verso le cure pediatriche avanzate. La decisione di trasferirsi in Italia ha aperto la possibilità di nuovi trattamenti, offrendo a D.M. una chance di vita che in Inghilterra non sarebbe stata possibile.
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Oltre il lieto fine, rimane tuttavia la riflessione sul sistema sanitario inglese e le sue derive. Casi come questo sollevano interrogativi sull’etica medica e sul rispetto dell’autonomia dei pazienti, soprattutto quando si tratta di minori. Un tema complesso che richiede un’analisi profonda e un confronto aperto per garantire che il diritto alla vita sia tutelato in ogni sua forma.