Dolorini, pancia contratta o perdite sospette sono i primi campanelli d’allarme che fanno preoccupare una futura mamma. Non sempre si tratta di minaccia d’aborto o parto prematuro, ma conoscere i sintomi di un possibile rischio e ricevere tutte le informazioni sull’argomento può aiutare le mamme alla prima esperienza a capire quando è il caso di recarsi subito dal medico.
Cosa significa minaccia d’aborto
Quante volte abbiamo sentito parlare di minaccia d’aborto? Questo termine viene utilizzato per indicare la possibilità di un aborto spontaneo, nelle prime settimana di gravidanza più rischioso. Avviene inaspettatamente, con una perdita abbondante di sangue. Delle volte, però, si ha una minaccia anche senza perdite ematiche (aborto ritenuto), motivo per cui bisogna sempre andare dal medico per qualsiasi sintomo sospetto.
Quando si parla di minaccia d’aborto
Colpisce soprattutto nel primo trimestre di gravidanza con diversi sintomi. Si può avvertire un dolore al basso ventre oppure delle fitte non fisse, che a intermittenza arrivano dall’utero. In alcuni casi possono presentarsi anche delle perdite di sangue, dal colore più o meno intenso. In base alla quantità delle perdite e al dolore che si avverte l’aborto è più o meno avanzato.
A cosa sono dovute le minacce d’aborto
I problemi possono essere diversi:
- le caratteristiche dell’utero, che presenta malformazioni
- un’anomalia da parte dei cromosomi
- un’incontinenza cervicale
- la mamma soffre di una malattia (tra cui anche il diabete)
- la mamma ha contratto una malattia infettiva
- la carenza di ormoni che porta uno squilibro ormonale (dovuto, per esempio, dalla tiroide)
Minaccia d’aborto: cosa fare
Inutile dire che una delle prime cose da fare quando si sente che la gravidanza non sta procedendo bene è quella di recarsi immediatamente dal medico, che procederà sia con una visita ginecologica, sia con un’ecografia pelvica. Con la visita ginecologica si potrà capire l’entità delle perdite, conoscere il punto esatto da dove arriva il dolore e scoprire se il collo dell’utero è ancora chiuso o si sta dilatando e poi aprendo. Con l’ecografia pelvica, invece, si visualizza il feto e, dalla 5° settimana di gravidanza, si ascolta il battito cardiaco, utile per capire se tutto procede nella norma.
Durante il primo trimestre di gravidanza, se si ha una minaccia di aborto, si procede con la somministrazione di iniezioni di progesterone, un ormone che fa diminuire le contrazioni uterine. Se i problemi arrivano nel secondo trimestre, la terapia migliore è quella con i farmaci tocolitici, che aiutano la muscolatura uterina a rilassarsi; stessa terapia se la donna è a fine gravidanza. In tutti i casi, quando si hanno questi problemi, si obbliga la futura mamma al riposo assoluto per far ridurre le contrazioni.
Come prevenire una minaccia di aborto
Anche se non c’è una vera e propria cura per prevenire la minaccia d’aborto, il consiglio che danno tutti i medici è quello di stare a riposo assoluto. Evitare i lavori domestici, smettere di lavorare e restare in casa senza strapazzarsi aiuta a stare più tranquilli, a rilassare corpo e mente. Il riposo, soprattutto quello mentale, è indispensabile per far procedere la gravidanza in maniera serena.
Rimedi per la minaccia d’aborto
Tra i rimedi più comuni per contrastare il pericolo di minaccia, c’è la terapia a base di progesterone, che viene somministrato già dai primi mesi di gravidanza. Questo ormone è molto importante soprattutto nel primo trimestre perché aiuta a limitare le contrazioni dell’utero e a favorire un impianto embrionale corretto.
Oltre al progesterone, in caso di sospetti problemi della futura mamma, si prescrive una terapia con cardiospirina. Il motivo è semplice: la mamma può soffrire di trombofilia, una malattia che aumenta la coagulabilità del sangue, problema a cui viene associato un aborto spontaneo.