Da un po’ di tempo a questa parte si parla del Lotus Birth, una pratica importata dagli Stati Uniti, che lascia la placenta attaccata al bambino per diversi giorni dopo la nascita.
Tale pratica è stata inventata da un’infermiera della California che credeva di vedere le auree delle persone e che affermava come la massima energia fosse visibile intorno al bambino che aveva ancora la placenta attaccata.
Ma cosa accade effettivamente alla placenta dopo la nascita del piccolo?
Una volta che placenta e utero non sono più attaccati, questo organo perde la sua funzione di passare nutrimento e ossigeno al piccolo. Non ha più le contrazioni che spingono il suo prezioso sangue nel bambino.
Sangue importante, che ormai viene fatto assorbire il più possibile dal piccolo con un taglio meno precoce del cordone. E però il sangue che resta nella placenta, che è morto, non può più esser usato.
Non solo: nella placenta, adesso, c’è il rischio che si formino dei germi e che possa infettarsi, tanto che il Royal College of Obstetricians and Gynaecologists segnala come si tratti di una pratica a rischio, e i neonati che vi vengono sottoposti, devono essere ben sorvegliati.
Secondo i sostenitori, a passare sarebbe l’energia: ma qui sconfiniamo nella “fede”: nel credere in qualcosa che al momento non è stato dimostrato in nessun modo. E c’è da dire che questa pratica non trova riscontro in nessuna fede, in nessuna parte del mondo e in nessuna epoca storica.
E aggiungiamo una cosa: provate a immaginare di dover prendere in braccio, dormire, allattare e cambiare il pannolino al bambino che ha la sua placenta chiusa in un sacchetto. Ci sembra davvero una cosa complessa: inoltre la placenta va cosparsa di sale per essere conservata e vanno aggiunti profumi naturali perché emana cattivo odore.
Ma ne vale la pena?