Lettera ad un figlio che è stato, e che sarà.
Ti ho desiderato con tutte le mie forze ed ero fermamente convinta che bastasse solo il nostro amore per averti, ed in parte è stato così. Cocente delusione!
Aspettarti è stato il dono più grande che la vita potesse farmi, eri la mia essenza, la parte migliore di me, il mio prosieguo, mi completavi. Desiderarti non è bastato, nutrirti d’amore non è bastato, essere il centro dei miei pensieri non è bastato.
Tu crescevi in me ed io vivevo di riflesso. Il mio cuore cantava, sorridevo alla vita e la vita sorrideva a me. Cos’altro avrei potuto desiderare? Meraviglioso era sapere che c’eri, vivevi il mio respiro ed io respiravo te. Eravamo un unico corpo un’unica cellula. Contavo i giorni, le ore, i minuti che ci dividevano, ti avrei finalmente visto, toccato, annusato, vissuto, poi sei arrivato…
Dio quanto eri bello! Quella carezza, quell’unico contatto bastò a farti entrare con prepotenza nel mio essere più profondo per non uscirne mai più. Poi… lo strappo, il buio, il dolore lacerante, il nulla, la disperazione allo stato puro, la voglia di non esserci, di annientarmi.
Avevo visto, volando fin su, il paradiso per poi precipitare nell’inferno devastata così, senza una ragione un motivo una colpa. Perché? Me lo sono chiesta tante volte. Perché a te? Perché a me ? Quale castigo dovevamo espiare ? Tante notti ho sperato che lassù, in alto, qualcuno ascoltasse il mio dolore sordo, intenso, insaziabile e mi concedesse, con la complicità della notte, la possibilità di cullarti, di darti il bianco nutrimento che meritavi…
Il mio corpo esplodeva, urlava, doveva, aveva bisogno di farlo: che ingenua che ero! Ora, dove sei? Dove vivi, chi ti ama più della propria vita? Chi ti nutre del suo amore, chi ti riscalda nelle notti fredde dell’eternità? Vorrei tanto poterti abbracciare una sola volta, ritornare a vivere in simbiosi.
A volte penso di essermi inventata tutto di averti sognato, di aver vissuto il mio sogno più bello, invece il mio sogno ha un volto, un nome e penso, no Lui c’è. E’ qui ancora con me, nel grembo della mia anima, ed io aspetto, continuo ad aspettarti fino a che un giorno, finalmente insieme, torneremo ad essere lo stesso respiro, Amore Mio!
P. A., Mamma di Giuseppe
Io so cosa si prova il mio bambino aveva 40 giorni la misteriosa morte in culla ma anche con altri 3 figli e un vuoto che non si colma mai anche se sono passati già 40 anni
Solo chi vive questo lutto può capire,non c’è dolore più straziante!