Siamo come una matrioska, l’uno dentro l’altra. Io che non ho mai fatto troppo spazio agli altri nella mia vita, col preciso scopo di proteggere quella che la scienza prossemica definisce bolla invisibile (ovvero lo spazio inviolabile di ciascun individuo), mi ritrovo con un minuscolo estraneo agganciato al mio ventre. Non sento ancora la tua presenza e la cosa per certi versi è un bene: posso distrarmi, fingere che nulla sia cambiato (illudendomi che nulla cambierà) e rimandare quel confronto faccia a faccia con me stessa, che mi terrorizza più di un colloquio di lavoro per Google o di una Tac Total Body con contrasto. Ma arriverà quel momento e ti assicuro che non sarò né generosa né comprensiva nei miei confronti, ma cercherò con estrema onestà di tirare le somme della mia vita e di prepararmi al futuro con coraggio ed entusiasmo.
Stiamo per fare il grande salto verso il secondo trimestre e le uniche mie più grandi paure sono due: di ingrassare nei 5-6 mesi che precedono la tua nascita e di morire per una complicanza del parto (sono una ipocondriaca cronica, è bene che tu lo sappia!). E così mi ritrovo a pesarmi due volte al giorno e a indagare sulla reputazione dei reparti di ginecologia di tutta Italia.
Sia chiaro, ti ho cercato, ti ho voluto e ti ho anche immaginato adulto parlare con me di Dio, di Sartre, di Bukowski e della “Casa degli spiriti” in riva al mare, ma ritrovarsi a vivere una determinata situazione è ben diverso che progettarla. E poi, te lo confesso, malgrado abbia superato i 30 da qualche anno, mi sento ancora molto presa da me stessa, concentrata a lavorare sulle mie intemperanze, a raggiungere gli obiettivi professionali che mi sono prefissa e a non adagiarmi su una vita comoda, abitudinaria e noiosa.
Il titolo del post è “Lettera a te che sei dentro di me”, ma rileggendo quanto scritto ho la netta sensazione che questa epistola moderna sia in realtà indirizzata alla sottoscritta: in fondo non è un grosso errore. Potrebbe essere l’inizio di un percorso di consapevolezza che mi porti dritto a te. Sii comprensivo e abbi pazienza: quando ci incontreremo io sarò pronta ad accoglierti e mi prenderò cura di te senza condizioni né compromessi. Questo tempo di preparazione concedimelo, sono ancora una ragazza egocentrica, pigra e a tratti insofferente, ma ho anche un grande cuore e quando alcuni giorni fa ho ascoltato il battito del tuo sono esplosa in una risata fragorosa e isterica. Ho preferito ridere piuttosto che commuovermi: non volevo che l’ecografa pensasse che fossi una gestante ipersensibile e con la lacrima facile. Una volta a casa però, lontana da occhi indiscreti e mentre il tuo papà non c’era, ho ripreso tra le mani lo scatto che ci ritraeva l’uno dentro l’altra e lacrime a fiotti hanno rigato il mio volto e hanno sciolto il mio rimmel: finalmente ho pianto e mi sono sentita più leggera…