Ci hanno detto che pensiamo solo a noi. A parcheggiare i figli, in qualsiasi luogo, purché non sia accanto al nostro tavolo. Li vogliamo lontani, per poter fare altro. Lontani da quella scrivania, che abbiamo faticosamente conquistato, o per occuparci delle faccende domestiche o farci la manicure.
Come se, pre-covid, avessimo parlato della scuola come una ludoteca, e non come un luogo atto a socializzare, muovere i primi passi in mezzo ai propri coetanei, ad imparare cose nuove. Imparare cose che, a casa, con mamma e papà, si può far più fatica ad apprendere.
Ci hanno dipinte come donne senza scrupoli alle quali, della salute dei propri figli, non importa nulla. Meglio ammalati, che a casa accanto a noi.
Parole scritte e dette sempre e solo contro noi mamme. Come se, l’altra metà della coppia, fosse inesistente. Ed è vero, un po’ lo è stata: perché le mamme hanno organizzato le proteste, i gruppi volti ad informare e a sensibilizzare anche solo a chiedere, a pretendere delle risposte precise sulla scuola. Delle linee anche generali, per poter organizzarsi a settembre.
Il problema della scuola è il nostro interesse alla scuola, dunque.
Molte, del resto, proprio durante il lockdown si sono scoperte separate, divorziate, mamme single, perché i propri mariti e compagni si chiudevano dietro una porta per poter lavorare, lasciando il tutto alle donne.
Ci hanno dato delle ciniche, dunque. Delle mamme senza cuore. E non hanno capito nulla. Presi dalla solita vecchia abitudine: emettere giudizi senza sapere di cosa si parla. La vecchia cara abitudine di parlar male delle donne, delle mamme.
Nessuno ricorda di quei casi in cui alcuni bambini sono stati estromessi dalla possibilità di essere al passo con i propri coetanei, per mancanza di dispositivi o di connessione internet valida.
Nessuno ricorda di quei bambini che, anche per specifiche patologie, non potevano stare chiusi con mamma e papà, senza supporto di un professionista scolastico, per poter imparare.
Nessuno ricorda di qui casi in cui mancavano i quaderni per fare i compiti, ma il supermercato non poteva venderli.
Ci hanno giudicate e noi ce ne faremo una ragione, facendo spallucce, perché di tempo per discutere di quanto siamo cattive madri, ora non ne abbiamo.
Sono i nostri figli che hanno bisogno di qualcosa. Di una vera istruzione, valida, uguale per tutti. Un’istruzione che non chieda solo alle mamme (e ai papà) qualcosa. Un’istruzione che non si risparmi: perché il sapere paga e va a vantaggio dell’intera collettività.
L’istruzione sono i provvedimenti di domani.
Ci hanno detto che pensiamo solo a noi. No. Noi pensiamo a loro, a noi e anche a voi. Perché i bambini ed i ragazzi vivono sul vostro stesso pianeta. Forse, non ve ne siete accorti.