Quando la città si spegne e vive solo nei lavori notturni, nelle finestre fioche degli ospedali, nelle corsie. Quando le strade ascoltano qualche sirena o si lasciano traversare dai fanali di auto residue, di netturbini.
Lì, in quello spazio sacro vive la notte delle mamme.
È una solitudine strana, respira accanto a culle o a pochi metri da quel miracolo che poi s’infiamma di giorno, in corse, sfide e premure.
È una carezza stanca a sé stesse, è provare a dirsi nel tumulto del tempo: “Va bene”.
Somiglia all’amore, la notte delle mamme: hanno lasciato quelle ore piccole dei ragazzini, perse agganciate a qualche motorino, ai drink con le amiche, ai pettegolezzi su chi. Hanno dimenticato le ore chine sui libri per l’interrogazione di domani, i batticuori perché lui è quello giusto, le lacrime perché lui non lo è.
Ritrovano adesso, nello stesso buio, quei minuti: le ore piccole accanto a un cuore che batte svelto e vorace, il latte invece di quelle bevute ai pub, le ore di dubbi sono, forse, per il colloquio di domani.
Le notti delle mamme si somigliano tra loro: cominciano tenui, come tenue inizia la maternità.
Con la scoperta delicata e prepotente di un test, si rigirano nel letto e i sensi sono così chiassosi da non poter dormire. Hanno l’ingombro della pancia e del cuore, nei mesi a venire. E quello stesso spazio, anche quando il ventre si sgonfia, l’avranno sempre occupato: non c’è figlio, desiderio, pensiero o preoccupazione che dorma davvero, mai, altrove dal loro corpo stanco.
Sono le ultime ad andare a letto: fanno il giro della casa, ancora una luce accesa in cucina, sanno che torneranno nel cuore della notte, chiudono stanze in un gesto sospeso. Passano sulla pelle dei figli, uno a uno, posano su quei capelli persi nel sonno e nei cuscini il loro grazie e le loro scuse. Perché le mamme hanno sempre una colpa. Sono sempre in debito per qualcosa. Forse quel debito è che non credono di meritare un amore così grande.
Le mamme si perdonano di notte, di notte raggiungono tutti i pensieri che hanno lasciato spezzati dal fare, cercano il proprio corpo e il proprio essere ormai così confuso, fissano punti invisibili sul soffitto e sul futuro. Perché quello è il loro spazio, il loro tempo.
La notte delle mamme è un piccolo santuario privato. Dove pian piano imparano a riprendere il diritto al sonno, a sé stesse. Forse da lì, da quel nucleo silenzioso, imparano la pace. Prima che sia, di nuovo, domani.