La spinosa vicenda dei coniugi Paradiso-Campanelli torna a far parlare di sé in seguito all’udienza della Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo anche se la sentenza sarà pronunciata in un secondo momento. Vediamo quali sono state le tappe più importanti di questa vicenda e come per la legge italiana la maternità surrogata sia considerata un reato.
5 anni or sono i coniugi molisani Donatina Paradiso e Giovanni Campanelli si sono recati in Russia, dopo aver tentato senza esito la fecondazione in vitro, per aderire a un programma di maternità surrogata, conosciuta anche come pratica dell’utero in affitto e che consiste nell’affidare a una donna estranea alla coppia il compito di portare a termine per loro conto la gravidanza. Ricordiamo che tale pratica nel nostro Paese non è ammessa, mentre è legale non solo in Russia, ma anche nel Regno Unito, negli States, in Canada, in India, ecc.
Dopo che il proprio figlio è stato dato alla luce il 27 febbraio del 2011, i coniugi Campanelli sono rientrati in Italia, dove però li attendeva un’amara sorpresa: le autorità italiane si sono rifiutate, infatti, di trascrivere l’atto di nascita del bambino e, contestualmente, lo hanno affidato ai servizi sociali, malgrado il nascituro avesse già trascorso mezzo anno con la coppia. In seguito il pubblico Ministero del Tribunale di Campobasso ha dichiarato il bambino adottabile, in quanto tecnicamente risultava abbandonato.
La coppia di fronte a questa iniqua decisione è ricorsa alla Corte di Strasburgo, appellandosi a quanto sancito dall’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritto dell’uomo e delle libertà fondamentali (diritto al rispetto della vita privata e familiare). In effetti la Corte (sentenza del 27 gennaio 2015), pur riconoscendo la violazione dell’art. 8, ha messo in evidenza che le autorità nazionali hanno sottratto il minore ai ricorrenti per rimediare a una situazione illegittima. Tuttavia la Corte ha condannato l’Italia a pagare un risarcimento di 30.000 euro alla coppia molisana, in quanto non avrebbe “dimostrato che l’allontanamento del bambino dalla coppia era necessario”. Non è stato ritenuto d’altra parte far rientrare il piccolo nel nucleo familiare dei Campanelli, in virtù dei legami affettivi che il minore ha stabilito con la famiglia che lo ha preso in affido nel 2013.
La coppia, che oggi è riuscita ad avere un figlio naturalmente, tuttavia non si è arresa ad aver perso definitivamente il “proprio” primogenito e continua a sostenere di aver sempre agito in buona fede, ovvero di essere sempre stata convinta che il patrimonio genetico del signor Campanelli fosse stato utilizzato dalla clinica russa Rosjurcnsulting. Tuttavia un test del Dna ha in seguito messo in luce che nessuno dei due coniugi risultava essere genitore biologico del piccolo. Allo stato attuale non resta che rimanere in attesa di ulteriori determinazioni da parte della Corte europea.