Dopo il coronavirus, è un batterio ad allarmare l’Italia del Nord: questa volta l’epicentro del contagio è Verona dove sono stati chiusi i reparti di terapia intensiva neonatale e pediatrica a causa del Citrobacter.
Chiuso il più grande centro nascite del Veneto
Dopo la pandemia di Coronavirus che ha interessato principalmente gli over 65, a Verona preoccupa un batterio, il Citrobacter, che non è fatale per la adulti e bambini, ma può esserlo per i neonati prematuri.
Parliamo di ben 12 i casi che nelle ultime settimane sono stati rilevati al punto nascita dell’ospedale veronese tuttavia, stando a quanto riportato dalla direzione di Borgo Trento, negli ultimi due anni sono già stati registrati diversi casi di contagio da Citrobacter.
Al momento sarebbero 3 i neonati deceduti a causa di questa infezione (che colpisce il cervello) e circa una dozzina i positivi. Purtroppo sul Citrobacter si hanno poche informazioni e tutto ciò che si sa è che questo virus ha origine nell’intestino e può determinare infezioni alle vie urinarie e (più raramente) encefaliti.
La trasmissione del virus avviene da un altro soggetto infetto che nella maggior parte dei casi è la madre oppure un altro neonato. La pericolosità di questo virus è legato all’alta resistenza riscontrata alle terapie antibiotiche.
La storia di Nina: nata prematura e morta a causa del Citrobacter
Nina è venuta al mondo l’11 aprile del 2019 proprio nell’ospedale di Verona. Aveva fretta di nascere è così a 30 settimane di gestazione ha emesso il suo primo vagito. Nonostante si trattasse di una nascita prematura, la piccole Nina era sana ma nel punto nascita dove era assistita con la sua mamma, circolava il Citrobacter che le è stato fatale.
Otto giorno dopo il parto sono iniziati i primi problemi con febbre alta, accompagnata da convulsioni e tachicardia. Il virus e l’infezione avevano attaccato il cervello della piccola Nina “bruciandolo” e ponendo la neonata in uno stato vegetativo.
La mamma di Nina ha portato la piccola via dall’Ospedale di Borgo Trento il 26 luglio, dopo aver rifiutato di dare il consenso per un intervento che non avrebbe salvato Nina “ma semplicemente per darle più comfort dato che aveva una testa abnorme rispetto al corpo, effetto dell’encefalite da Citrobatcter. Mi avevano detto che così sarebbe sembrata un po’ meno un mostro…”.
Il trasferimento al Gaslini di Genova dove Francesca, la mamma della neonata, sapeva di poter dare a sua figlia una morte più dignitosa.