In India continua senza sosta il dramma degli aborti selettivi ovvero l’interruzione di gravidanza nel caso in cui il feto sia femmina: in una società fortemente maschilista e in cui le donne sono oggetto di violenza, alcune organizzazioni internazionali stimano che ogni mese 50mila bambine vengano abortite dalle loro mamme.
Gli aborti selettivi in India
Stando ai numeri diffusi nei mesi scorsi da ADF (Alliance Defending Freedom) in India ogni mese 50mila feti vengono abortiti dalle loro mamme per il solo fatto di essere di sesso femminile: in una società come quella indiana, in cui il ruolo delle donne è ancora subalterno e gli stupri nei confronti delle bambine sono una vera e propria piaga, si stima che negli scorsi dieci anni sono 60 milioni le “donne perse” a causa della pratica dell’aborto selettivo.
Addirittura nel distretto dell’Uttarkashi si è registrato in passato l’incredibile caso della nascita di soli neonati di sesso maschile nell’arco di uno stesso mese, senza dimenticare che nel Paese vi è da tempo una inedita sproporzione tra uomini e donne.
Milioni di bimbe “mai nate” o violentate da piccole
Insomma, anche se si tratta di una pratica nota pure nel Vecchio Continente, quello dell’aborto selettivo è un fenomeno che in India ha dimensioni preoccupanti e viene aggravato dal fatto che le bambine nate sovente sono poi sottoposte ad angherie e violenze di natura sessuale.
Alcune organizzazioni che si occupano della tutela dei diritti umani hanno parlato apertamente di un feticidio sistematico nonostante i proclami di facciata delle autorità governative che minimizzano il fenomeno e promuovo l’immagine di una società indiana oramai moderna.
Di conseguenza tra aborti, malnutrizione e violenza ogni anno si contano due milioni di “vanishing girls” (le bambine scomparse) non volute dai propri genitori che preferiscono avere un maschietto. Sempre secondo ADF uno dei problemi è l’applicazione distorta o lacunosa del “Pre-Conception Pre-Natal Diagnostics Techniques Act” del 1994 che vietava le indagini prenatali per determinare il sesso del nascituro cercando di contrastare così il fenomeno della violenza sulle donne.