A seguito di una ricerca effettuata dal Centro interdipartimentale mente cervello dell’Università di Trento, ovvero il CIMEC, si è giunti alla conclusione che sin dal momento della nascita sarebbe presente una via preferenziale diretta all’elaborazione dei volti.
Gli studi, condotti con la collaborazione dei reparti di Ostetricia e ginecologia nonché di Pediatria dell’ospedale di Santa Maria del Carmine di Rovereto, si sono avvalsi dell’elettroencefalografia con una stimolazione visiva oscillatoria lenta, la quale ha consentito di individuare un’attività corticale dei neonati specifica per i volti. Questa scoperta, tra l’altro, potrebbe costituire un valido aiuto nelle diagnosi di autismo.
Il riconoscimento dei volti nei neonati: una capacità presente dalla nascita
Riconoscere i volti delle persone è la modalità più semplice per identificare chi ci circonda. Negli adulti tale funzione è svolta da un determinato circuito neurale. Nei neonati, si è osservato, che tale tipo di attività interessa le medesime zone finalizzate al riconoscimento delle facce nei più grandi.
Ciò ha permesso di affermare che già dal momento della nascita è presente nei bambini una via specifica per l’elaborazione del viso altrui in contrasto con quanto contrariamente si pensava.
Infatti, prima della scoperta, era opinione comune che la corteccia celebrale dei neonati fosse poco organizzata e, quindi, immatura.
Neonati ed autismo: una diagnosi precoce attraverso il riconoscimento dei volti.
Le conclusioni sopra riportate potrebbero costituire un valido aiuto nella diagnosi di autismo in tenera età (la quale, com’è noto, viene quasi sempre fatta tardi). In sostanza, si è capito che il riconoscimento dei volti è scarso nei piccoli a rischio di disturbi dello spettro autistico.
Recentemente, si è anche osservato che da un semplice test dello sguardo sarà possibile diagnosticarlo rapidamente: bisognerà, in pratica, constatare se gli occhi del neonato vengano catturati dagli stimoli sociali, come appunto un viso o il movimento delle mani.