Negli ultimi mesi si è parlato dell’emergenza Enterovirus E-11 che sta preoccupando l’OMS soprattutto per i casi di decesso neonatale verificatisi in Francia e in altri Paesi del mondo.
L’Enterovirus è un’infezione patogena in grado di causare episodi gravi di sepsi che possono condurre anche alla morte.
Basti pensare che negli ultimi 10 mesi ci sono stati almeno 9 casi accertati di sepsi neonatale che hanno causato insufficienza multiorgano e compromissione epatica. Anche in Italia abbiamo avuto alcuni casi: 7 in totale, e solo 3 di questi hanno ottenuto le cure dei medici dell’Unità di Terapia Intensiva Neonatale.
Enterovirus E-11: cosa è successo ai neonati colpiti
Tra tutti i neonati colpiti da Enterovirus, uno resta ancora in terapia intensiva pur presentando progressivi miglioramenti. I casi si sono diffusi tra luglio 2022 e aprile 2023 con alcuni sintomi in comune che hanno colpito l’apparato neurologico ed eruzioni cutanee su diverse aree del corpo associate a stati febbrili.
Sulla base di queste informazioni, l’OMS ha stabilito che non esiste un vero e proprio rischio per la salute pubblica ma è necessario comunque tenere la situazione sotto controllo.
Sulla questione è intervenuta anche l’ONU per il tramite della sua Agenzia per la Salute che ha incoraggiato i media a tenere alta l’attenzione, riferendo all’opinione pubblica dei casi.
Non solo, le associazioni sanitarie devono continuare a monitorare i sintomi, vigilando sulle eventuali infezioni e sulle epidemie che potrebbero essere associate all’Enterovirus, rivelandosi pericolose per la salute dei neonati.
Cos’è l’Enterovirus e da dove arriva?
Identificato con l’abbreviazione E-11, l’Enterovirus è un virus a filamento positivo a RNA appartenente alla famiglia delle Picornaviridae.
Parliamo di un ceppo di virus che causa generalmente le epidemie annuali più comuni ed è diffuso soprattutto in autunno e inverno.
I casi accertati di Enterovirus hanno rivelato effetti e sintomi diversi sui neonati rispetto agli adulti, aumentando per i primi i rischi di ricovero ospedaliero e in terapia intensiva.
Questo significa infiammazioni gravi ed epatite acuta, fino alla coagulopatia e meningite. Basti pensare che non tutti i casi accertati hanno avuto esito positivo e che almeno tre dei neonati con Enterovirus sono deceduti.
I sintomi dell’Enterovirus
Sui casi accertati d Enterovirus, i neonati hanno riscontrato sintomi di breve durata e poco importanti, molto simili ai classici sintomi dell’influenza come dolori muscolari, stati febbrili, mal di gola, debolezza, raffreddore e tosse con problemi respiratori nei casi più gravi.
Alcuni pazienti hanno riscontrato anche episodi di vomito, nausea e attacchi di diarrea. Nei casi più gravi hanno avuto vesciche biancastre o eruzioni cutanee sui piedi, sulle mani e in bocca fino a riscontrare la poliomielite e paralisi muscolare.
La trasmissione della malattia, invece, avviene nella fase dell’intrapartum mediante contatto di sangue infetto, feci contaminate e secrezioni.
In via esemplificativa, la trasmissione può avvenire sia per l’inalazione di goccioline causate da starnuti e tosse, sia per l’ingestione di acqua e cibo infettate da un soggetto colpito dal virus, o infine, per il contatto con una superficie toccata da qualcuno già infetto mediante starnuti, tosse o feci.
Prevenire l’Enterovirus: è possibile?
Pur non essendo mortale, oggi l’Enterovirus preoccupa ancora le strutture sanitarie perché non hanno ancora elaborato terapie in grado di bloccarne il contagio o di velocizzarne la risoluzione.
Un dato critico arriva anche dalla difficoltà a individuare i sintomi, spesso deboli o assenti con la conseguenza che il virus diventa difficile da identificarsi.
Per questa ragione è importante in primo luogo lavarsi sempre bene le mani, in particolar modo durante il cambio del pannolino, disinfettando al contempo le superfici con cui entra a contatto.
Inoltre, è necessario somministrare il vaccino che previene questo tipo di patologia e se nonostante le precauzioni, il neonato contrae ugualmente il virus, occorre contattare subito il medico curante per iniziare la cura antivirale.
Non bisogna dimenticare che in tutti i casi acclarati, anche le mamme presentavano alcuni sintomi precisi come problemi gastrointestinali o febbre, poi trasmessi al piccolo.
In alcuni casi la malattia si è aggravata così velocemente che ha portato alla morte del neonato, proprio per questo è di fondamentale importanza intervenire tempestivamente affinché la cura elimini i sintomi più gravi, scongiurando la morte.
Secondo la rivista Orpha.Net i sintomi possono manifestarsi dopo la nascita o nell’utero, associandosi anche a un aborto spontaneo, morte perinatale e idrope fetale scatenando in alcuni neonati neutropenia, ipotensione, trombocitopenia, leucopenia, leucocitosi e coagulopatia disseminata intravascolare.
Secondo l’analisi dei casi analizzati dall’OMS la situazione è sotto controllo in tutta Europa, ma occorre dare massima priorità ai sintomi delle neomamme e dei neonati, perché la situazione può peggiorare da un momento all’altro causando il peggio.