9 aprile 2025 –
La vicenda di Luca (nome di fantasia), è ormai diventata di pubblico dominio e riacceso il dibattito su affidi, adozioni e tutela dei diritti dei minori in Italia. È la storia di un bambino di 4 anni, inizialmente accolto in affido-ponte sin dai primi giorni di vita e poi dato in adozione a un’altra famiglia, nonostante la famiglia affidataria fosse disponibile ad adottarlo.
L’affido-ponte: cos’è e perché è stato pensato per pochi mesi
L’affido-ponte o affido temporaneo, è una forma di affido temporaneo che dovrebbe durare alcuni mesi, massimo un anno, finalizzato a garantire al bambino un ambiente protetto mentre vengono definiti il suo futuro e le condizioni della sua famiglia d’origine. Infatti è possibile che il bambino torni con i suoi genitori biologici, qualora le condizioni siano ottimali. Ma nel momento in cui si prospetta invece la necessità di un’adozione definitiva, l’affido-ponte cessa e il minore viene accompagnato nella nuova realtà.
Tuttavia, nel caso di Luca le tempistiche si sono prolungate in modo imprevisto: Luca è arrivato nella famiglia affidataria quando aveva appena 30 giorni di vita, accolto da una coppia lombarda con altri tre figli naturali e una lunga esperienza nell’accoglienza di minori.
Quello che doveva essere un breve periodo di passaggio è diventato di fatto la sua “normalità” per quattro anni. Questo allungamento, stando alle dichiarazioni dell’avvocata della famiglia affidataria, avrebbe contribuito a creare un legame profondo tra il bambino e coloro che si sono presi cura di lui sin dalla nascita.
La storia di Luca: 4 anni in affido
Inizialmente, l’idea era di offrire al neonato un sostegno temporaneo, ma con il passare dei mesi e poi degli anni, quella casa è diventata il suo unico punto di riferimento.
Tutti gli affetti e le figure genitoriali che Luca riconosceva provenivano da questa famiglia: qui ha mosso i primi passi, pronunciato le prime parole, e condiviso la quotidianità con fratelli, nonni e amici. L’idea di interrompere questo legame dopo quattro anni ha generato un grande sconcerto in chiunque abbia appreso la notizia.
A gennaio, il Tribunale per i Minorenni di Milano ha decretato l’adottabilità di Luca, affidandolo però a un nuovo nucleo familiare. Una scelta del tutto inaspettata per chiunque, data la disponibilità già espressa dalla coppia affidataria ad adottarlo.
Secondo le testimonianze, il distacco è avvenuto in maniera brusca: il bambino avrebbe incontrato la nuova famiglia per la prima volta il giorno precedente al trasferimento, e il passaggio effettivo sarebbe stato comunicato a Luca in un contesto considerato poco adeguato, ovvero in un colloquio con assistenti sociali che lui non conosceva.
Le reazioni: appelli, ricorsi e una petizione online
Di fronte alla decisione del tribunale, la famiglia affidataria ha cercato di opporsi con urgenza, presentando un ricorso legale per l’adozione in casi particolari. Al tempo stesso, è stata lanciata una petizione online dal titolo “Per salvare Luca”, che in breve ha superato diverse migliaia di firme, dimostrando la solidarietà di tante persone scosse dalla vicenda.
Sul caso è intervenuto con forza anche Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta esperto in età dello sviluppo. Dopo il no definitivo del Tribunale al ricorso dei genitori affidatari ha rilanciato il suo appello sui social, in parte per difendersi dall’accusa di aver “mediatizzato” la vicenda, in parte per chiamare in causa chi ha preso la decisione di rigettare il ricorso dei genitori affidatari.
Continuità affettiva e interesse del minore: due aspetti fondamentali
Le perplessità sulla gestione del caso di Luca non sono limitate ai familiari e ai sostenitori della petizione: anche il Garante Regionale della Lombardia e la Garante Nazionale per l’infanzia e l’adolescenza hanno espresso dubbi sulle modalità e sui tempi di esecuzione dell’allontanamento.
Dopo le numerose richieste di chiarimenti sulle motivazioni dei giudici, sono finalmente giunte dichiarazioni della Presidente del Tribunale dei Minori di Milano: la scelta di assegnare Luca a una nuova famiglia è stata presa tenendo in considerazione l’età dei genitori affidatari, ritenuti per la loro età già avanzata non adatti a lungo termine a crescere un bambino così piccolo.
Comunque questo elemento ha sollevato un’ulteriore questione: fino a che punto l’età anagrafica dovrebbe influire sulle decisioni giudiziarie, specialmente quando c’è già un forte legame affettivo consolidato?
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L’avvocata della famiglia affidataria, Sara Cuniberti, ha poi sottolineato come il trasferimento del bambino nella nuova famiglia è avvenuto in modo traumatico e inaccettabile. Quattro anni passati con la famiglia affidataria rappresentano, di fatto, l’intera vita di Luca. Separarlo in modo brusco da questo contesto potrebbe mettere a repentaglio il suo equilibrio emotivo e psicologico, contravvenendo al principio fondamentale di qualunque decisione in ambito minorile: il benessere del bambino.
Il “caso di Luca” riporta in primo piano il tema della continuità affettiva. Se l’affido-ponte nasce per essere una misura temporanea, è però vero che, in situazioni straordinarie, il passare del tempo consolida relazioni e affetti. Quando le istituzioni e le procedure si dilungano oltre i limiti previsti, chi ne paga maggiormente il prezzo è il bambino.