Tra le principali paure con cui qualsiasi genitore deve confrontarsi durante i mesi della gravidanza c’è sicuramente quella riguardante la salute del bambino. Se un tempo, però, la risposta a tale interrogativo poteva essere data soltanto al momento in cui il nascituro veniva al mondo, oggi invece strumenti come i test diagnostici prenatali e lo screening forniscono indicazioni fondamentali già a partire dal terzo mese di gravidanza. Tuttavia, se ad alcuni di questi esami, come ad esempio lo screening combinato del primo trimestre, lo screening quadruplo o l’ecografia morfologica, vengono sottoposte tutte le future mamme, dato che non comportano pericoli né per loro né per il nascituro, altri, come la villocentesi e l’amniocentesi (che sono test diagnostici invasivi) sono consigliati soli in determinati casi.
La villocenetesi è un esame che ha lo scopo di verificare che il bambino non sia affetto da anomalie che interessano i cromosomi. A tale scopo ci si serve dell’analisi dei villi coriali, che si trovano nella placenta, i quali vengono aspirati attraverso un ago sottilissimo monitorando l’intera operazione attraverso ecografia. La villocentesi presenta un grado altissimo di affidabilità, dato che, secondo quanto rilevato, solo in un caso su cento ha dato indicazioni errate, e viene effettuata nel periodo di tempo compreso tra la decima e la tredicesima settimana di gestazione.
L’amniocentesi è l’esame che ha lo scopo di accertare la normalità del cariotipo. Anche in questo caso viene usato un ago finissimo che, tramite la parete addominale e quella uterina, arriva nel sacco gestazionale, dove preleva una certa quantità di liquido amniotico, ricco di cellule derivanti dalle mucose fetali. Tale esame va fatto tra la quindicesima e la diciannovesima settimana.
Tanto l’amniocentesi quanto la villocentesi vengono caldamente consigliate a tutte le future mamme che, a causa di determinati fattori, hanno purtroppo più probabilità di partorire un figlio affetto da patologie derivanti da anomalie dei cromosomi. In particolare alle future mamme:
– che nel corso della gravidanza e nel periodo precedente sono state a contatto con sostanze potenzialmente nocive;
– che hanno subito l’esposizione ad infezioni (come ad esempio la rosolia) o che soffrono di malattie genetiche;
– che presentano familiarità con patologie di origine genetica;
– che hanno subito aborti o partorito figli affetti da difetti congeniti;
– che abbiano già superato i trentacinque anni d’età.