Da anni si compiono studi sulle cellule staminali e il loro impiego potrebbe essere risolutivo per moltissime patologie considerate tuttora incurabili. Per questo motivo, le staminali sono oggetto di continue indagini scientifiche: una delle più recenti ha riscontrato che la loro concentrazione è particolarmente ricca nei dentini da latte.
Dentini da latte: una fonte preziosa di cellule staminali
L’equipe americana responsabile della scoperta ha dichiarato che la polpa dentale dei dentini da latte è un concentrato di cellule staminali: se opportunamente crio-conservate, in futuro potrebbero essere riutilizzate per eventuali trattamenti medici, annullando ogni possibilità di rigetto. Le nuove promesse della ricerca, tuttavia, non sono ancora state sperimentate perché non esistono al momento cure dimostrabili o procedure cliniche autorizzate. Ciò che è noto, invece, è il costo elevatissimo della loro conservazione: pertanto, viene da sé chiedersi se l’ultima notizia in materia di staminali non sia solo il frutto di un’ipotetica speculazione.
Prima di frenare gli entusiasmi, tuttavia, è bene rilevare che tutto il mondo scientifico è coalizzato a favore della scoperta secondo cui nella polpa dei denti decidui è localizzata un’altissima concentrazione di staminali, non di tipo embrionale ma allo stato adulto. Le proprietà di queste cellule sono molto interessanti giacché possono sopravvivere per molto tempo e svilupparsi in tempi brevissimi in cultura. Inoltre, se stimolate in modo adeguato, potrebbero indurre la formazione di tessuti ossei, dentina e cellule neuronali. Per tale ragione gli scienziati ritengono che i denti da latte si possano trasformare in una fonte importantissima e facilmente accessibile di staminali da utilizzare per intervenire su lesioni ossee e patologie del sistema nervoso.
Cellule staminali: l’unica certezza è il costo della crio-conservazione
Se da un lato non si possiedono (per il momento) delle prove cliniche sulla grande potenzialità delle staminali dei denti da latte, dall’altro è certo il prezzo della loro conservazione (circa un migliaio di euro). Il problema, quindi, si traduce nello stabilire se i loro potenziali benefici bastino per giustificarne la spesa.