Alle volte mi domando come sarà. Come sarà quando cresceranno, quando avremo tolto i pannolini a tutti i bambini della casa, quando anche il vasino avrà terminato la sua missione.
Quando avremo liberato le nostre cucine dai seggioloni e le nostre auto dai seggiolini. Quando non ci saranno più bavaglini da raccogliere a terra e da buttare in lavatrice a 190 grandi … si fa per dire.
Alle volte, mi sorprendo a pensare ad un futuro che oggi mi pare lontano ma che, in realtà, è dietro l’angolo.
Quel futuro a cui mi aggrappo in certe giornate toste, chiusa in casa per un virus gastrointestinale che fa il giro di tutta la famiglia. O in quei frangenti durante i quali, una vuole fare lo scivolo con me, mentre ho l’altra in braccio e le buste della spesa che sbilanciano il passeggino.
Quel presente alle volte duro, nel suo incanto per carità, che però mi fa svegliare già stanca e mi riduce ancora peggio, a fine giornata, quando, in realtà, mi pare di non aver fatto nulla.
In quei casi, fantastico sul futuro, su quando andranno alle elementari-non dico tanto- e mi solleva l’idea di recuperare un po’ di me.
La casa sembrerà più grande, sgombra dagli enormi giochi dei neonati. Lo sarà anche perché i figli saranno più fuori che dentro.
Quel futuro fatto ancora di bambini, ma di quelli indipendenti.
Con i vari piccoli sport da frequentare, un corso di lingue da seguire, qualche amichetta dalla quale passeranno pomeriggi, senza di me. Quei bambini a cui non si deve più infilare il pantalone o abbottare la camicia. Quelli che si accenderanno la tv in autonomia e che prenderanno i biscotti dalla dispensa senza chiamami mentre sono in bagno.
Quelli che sbirceranno nelle mie cose, le metteranno in cartella, e me lo diranno quando mi vedranno alla disperata ricerca di quel braccialetto lì. Quelli che avranno sempre bisogno di qualcosa, anche semplicemente per sentirsi coccolati ma che cammineranno da soli, in senso letterale e metaforico.
Il pensiero di quel futuro mi aiuta, ma mi disorienta.
Non so quel silenzio in casa cosa susciterà in me. Non so come dovrò ricostruire me stessa, come e dove recupererò quella parte di me che, come accade a molte donne, ho cominciato a perdere già durante la gravidanza.
Bisognerà ribilanciare la vita, le ore e gli spazi. Sarà più facile recuperare il proprio corpo, espandere e restringere quello che ha preso misure non mie, non nostre.
Chissà se, allora, lo diremo, con il pizzico di malinconia tipico di molte di noi, “Quelli erano i momenti più belli” o se saremo davvero sollevate, se ci sentiremo più leggere più noi stesse.
Chissà come ci alzeremo la mattina e come andremo a dormire la sera.
Chissà.