Cosa succede a una futura mamma che, purtroppo, deve sottoporsi a cicli di chemioterapia in gravidanza? Molte donne in questa situazione, per paura che la terapia possa essere troppo aggressiva e nuocere allo sviluppo del bambino, decidono di interrompere la gravidanza o di sottoporsi al parto prematuramente. In entrambi i casi si tratta di scelte drastiche dettate dalla paura, ma sembra che la scienza stia facendo dei passi avanti in questo senso.
Chemioterapia in gravidanza: cosa succede al feto?
Durante il recente Congresso sui Tumori di Vienna è stato presentato l’esito di una ricerca, condotta dall’Università Cattolica di Leuven (Belgio), pubblicata anche sul New England Journal of Medicine, condotta sui figli di 129 pazienti sottoposte a chemioterapia durante il secondo e il terzo trimestre di gravidanza.
I bambini sono stati seguiti fino al terzo anno di età, monitorandone periodicamente lo stato di salute e lo sviluppo delle funzioni cognitive. Secondo la ricerca, la crescita dei bambini è avvenuta in maniera assolutamente analoga a quella dei loro coetanei nati da mamme in salute, senza alcuna differenza di tipo cognitivo, senza problemi cardiaci né ritardi o ostacoli nello sviluppo fisico.
La tossicità della chemioterapia non influenza la crescita del feto
Il risultato ha sorpreso sia il mondo della scienza che l’opinione pubblica perché, come ben sappiamo, durante le terapie chemioterapiche vengono somministrate sostanze molto aggressive, addirittura tossiche, che possono perfino oltrepassare la placenta arrivando al feto.
Eppure, sembra proprio che gli effetti dannosi tanto temuti possano non essere poi così reali.
Gravidanza anche dopo essere state colpite da un tumore: un sogno possibile?
Ovviamente, servirà che la ricerca vada avanti estendendosi a un numero maggiore di pazienti ed eseguendo ulteriori test e verifiche, dunque non è il caso di prendere questa notizia come una verità assoluta. Ma se l’eventualità di poter portare a termine una gravidanza in sicurezza anche nelle gestanti malate di tumore si rivelasse vera, sarebbe davvero un grosso passo avanti e un messaggio di speranza per tutte quelle donne che rincorrono il sogno della maternità e temono di vederlo svanire a causa della malattia.