C’è quel tempo, che ti pare infinito, in cui tuo figlio dorme e mangia. Non fa altro. Ti sembra che a stento apra gli occhi. Tanto è vero, che ti preoccupi, e cominci a chiedere in giro : “ E’ normale che dorma sempre?”. Inesorabilmente, arriva la risposta : “Ringrazia che dorma, perché fra un po’ è finita la pacchia”.
Senza che tu te ne accorga, arriva il momento in cui la pacchia passa, effettivamente. Lui è sempre più attivo. Tu sempre più presa. Dorme di meno. Calcia. Batte le braccia al petto tipo King Kong. Fissa il tuo cellulare, mollando il suo giocattolo, perché cà nisciun è fess! Si interessa al mondo che lo circonda. Gira la testa a 180 °, perché ha capito benissimo che, dietro di lui, c’è la tv accesa e con il cavolo che lo freghi! Beve sempre meno latte e sputacchia ovunque, dove non deve, sempre più pappa. Si capovolge. Si siede. Gattona (qui non pervenuto).
Sono passati pochi mesi. Un tempo lunghissimo, infinito. Metà anno o poco più. Ma, quando arriva un figlio in casa, il calendario possiamo stracciarlo, tanto il tempo passa diversamente.
Non ha più le sembianze di un neonato. Sta diventando bambino. Mentre tu sei dieci anni più vecchia, almeno così lamentano le borse sotto gli occhi, e la pancia che attende di fare sedute di gag che non farà mai.
Niente più tutine pigiama style. Lo vesti con due pezzi e lo pettini. Siamo all’alba della sua vita da piccolo. Prima, a pensarci, faceva tanto peluche. Ora pure, ma di quelli maxi, che vinci ai Luna Park quando colpisci le paperelle.
Ora ti diverti a circondarlo di pupazzi per vedere che effetto fa. A fargli le pernacchie sulla pancia per vedere come se la ride. Ad applaudirgli per qualsiasi piccolissimo progresso, quasi sempre immaginario, per vedere come acquista fiducia in se stesso.
A pensarci che siamo state anche noi così! Che lo sono stati i nostri genitori. I nostri nonni. Anche tutti gli strxxzi che non ti aiutano con il passeggino quando sei in difficoltà, o che ti tagliano la strada mentre arranchi sul marciapiede. No, loro forse no, altrimenti mostrerebbero più comprensione.
Siamo stati tutti dei peluche. Tutti abbiamo sofferto di eritema da pannolino. Di crosta lattea. Di ciccia sulle chiappette. Di colichette. Tutti abbiamo riempito di gioia una casa, a prima mattina. Abbiamo rotte le paxxe di notte. Anche quelli che non sopportano i bambini. Anche quelli che non ti reggono i portoni, e tu, come un ladro, ci butti dentro una ruota del carrozzino, per non rimanere fuori.
Essere peluche è solo una fase. Come essere adolescenti. O essere anziani. Una fase assoluta, totale quando ci sei dentro, e per chi incroci. Ma solo una fase che dura un momento. Fighissimo se ce lo ricordassimo tutti: ci sarebbero meno auto sui marciapiedi; più portoni aperti; molti più ha bisogno di una mano?; qualche barriera architettonica in meno; più rispetto per tutti.