Il sessismo non colpisce soltanto le donne, a volte sono anche gli uomini a esserne vittime, soprattutto quando diventano padri. Eppure, se anche per loro c’è una festa che ricade proprio nel giorno di San Giuseppe ( il 19 marzo), ci sarà un motivo, no?
Il valore dei papà: un racconto dell’Independent
A sollevare la questione che, ne sono certa, ci poniamo un po’ tutti è stata Emily Roberts. Mamma di un bimbo di soli due mesi ha scritto un bellissimo articolo sull’Independent in cui si lamenta di un episodio accadutole in un Pub.
Secondo il racconto, una donna di mezza età si è avvicinata alla coppia. Vedendo il marito di Emily molto affettuoso col loro bambino, si è complimentata giacché l’uomo era un papà collaborativo. Emily ha risposto alla donna con una semplice frase: “Mio marito non è un papà collaborativo, è semplicemente un papà”.
Il “mammo”: che valore ha il papà?
Questo articolo mi ha dato modo di pensare a una parola che si sente spesso in giro: mammo. Una parola che, a mio avviso, non ha senso, perché se un uomo è già un papà, per quale motivo deve essere etichettato con la parola mammo? Perché aiuta la sua compagna? O perché si prende cura dei propri figli?
Un uomo così è a tutti gli effetti un papà, al quale dobbiamo dare il giusto valore. Il ruolo di padre è fondamentale tanto quanto quello della madre. È giusto che entrambi i genitori, in egual misura, dispensino amore, rimproveri e gioco. Ognuno col suo stile, certo.
La discriminazione contro i papà
Chiamare un papà mammo, quando sta semplicemente occupandosi della propria famiglia, è discriminante e sessista, sia per l’uomo sia per la donna.
Per l’uomo perché lo si snatura, quasi come fosse effeminato solo per il fatto di amare la sua famiglia;
Per la donna perché viviamo in una società ancorata a una visione della vita, che non corrisponde alla realtà, secondo la quale la donna sta in casa e pensa ai figli, mentre l’uomo va a lavoro e porta a casa “la pagnotta”.