Se prendessimo una macchina del tempo e andassimo indietro a 30 anni fa, il mondo sarebbe completamente differente: niente cellulari, i computer non erano alla portata di tutti, esisteva ancora l’URSS e i bambini viaggiavano in macchina senza seggiolino. Eppure, ai quei tempi che ci sembrano così lontani, le coppie facevano già ricorso alla gestazione surrogata.
La gestazione surrogata (o utero in affitto) non è un’invenzione (se così vogliamo chiamarla) moderna: il 13 aprile 1986 nasceva, infatti, Shira, la prima bambina la cui gestazione era stata portata avanti da una donna che non fosse biologicamente sua madre. Per la prima volta, cioè, l’embrione fecondato veniva impiantato nell’utero di una donna che si prestava a essere un’”incubatrice” per terzi, senza che ci fosse niente di suo, geneticamente parlando. In passato, infatti, non era insolito che delle donne portassero avanti delle gravidanze per altre coppie, ma l’embrione era per metà biologicamente loro.
Con Shira, insomma, la storia della maternità subì una vera e propria rivoluzione: Shannon Boff, una casalinga di 22 anni e già madre di un bambino di 4 anni, prestò dietro compenso il proprio utero per portare avanti la gravidanza che la madre biologica non poteva sostenere (le era stato asportato l’utero in seguito a una gravidanza conclusasi precocemente con la morte della bambina).
La maternità surrogata in Italia è ancora vietata, mentre in altri Paesi è permessa solo se condotta per scopi altruistici (nel Regno Unito, in Australia o in Ungheria ad esempio), mentre in altri ancora anche dietro compenso (ad esempio in Croazia, Sudafrica o Thailandia).
Di recente, i media sono tornati a occuparsi di maternità surrogata in seguito alla nascita del bambino di Nichi Vendola, mentre in passato fra le star che hanno fatto ricorso all’utero in affitto c’è stata Nicole Kidman.