Ci troviamo in un’epoca in cui il Meltin’Pot la fa da padrone, eppure, secondo quanto scritto da alcuni ricercatori, questo non sarebbe sufficiente a debellare quello che è un istinto quasi ancestrale: avere paura di ciò che non si conosce, parliamo di xenofobia. Accade in alcuni momenti particolari della vita di essere spaventati da ciò che non conosciamo a fondo, un esempio molto semplice può essere fatto parlando del periodo della gravidanza. Gli studi a riguardo sono alquanto singolari e sicuramente non raccoglieranno il favore popolare.
Lo studio in questione è descritto esaustivamente in un articolo pubblicato sulla rivista Advances in Experimental Social Psychology e scritto da due psicologi della Tulane University, Damian R. Murray, e della University of British Columbia, Mark Schaller. Secondo i due studiosi, in passato gli stranieri erano temuti per via della diffusione di nuove malattie fino a quel momento sconosciute e questa paura sarebbe una sorta di sistema immunitario comportamentale. Il fenomeno sarebbe evidente nelle donne al primo trimestre di gravidanza.
Queste, sempre stando alla ricerca dei due psicologi, avrebbero atteggiamenti xenofobi più marcati e un atteggiamento più etnocentrico durante i primi tre mesi di gestazione. Questo perché il sistema immunitario sarebbe più funzionale con agenti patogeni noti. Una porzione del nostro cervello, durante la gravidanza, rifiuterebbe l’estraneo, lo sconosciuto. Per lo stesso meccanismo la donna nei primi mesi di gravidanza svilupperebbe nausee, proprio per espellere eventuali sostanze tossiche potenzialmente dannose.
Ci sarebbe da chiedersi però quanto questi studi oggi come oggi abbiano senso, e pensare a quante donne in gravidanza lavorano o studiano all’estero e non hanno registrato alcun cambiamento, o meglio ancora, basti pensare a tutte quelle donne che hanno un compagno “straniero”. Insomma, non che gli studi siano inutili, se i dati raccolti hanno portato a questo risultato del vero dovrà pur esserci, ma sarebbe bene non prenderli come una verità assoluta. Resta comunque la curiosità di questi dati, ma tale dovrebbe restare, senza condizionare né in un senso né nell’altro.