Con l’inizio di settembre, molti bimbi (e genitori) sono alle prese con il tanto temuto inserimento all’asilo. C’è che lo prende bene, entusiasta della nuova avventura; c’è chi invece lo vive con un momento di grande distacco dalla mamma, dai nonni, dall’ambiente domestico che fino a quello momento era il suo unico universo di riferimento.
Inserimento all’asilo in Italia: è di tipo progressivo
A differenza delle varie strutture e delle varie città, l’inserimento italiano è di tipo progressivo, ha una durata variabile, da una settimana fino addirittura ad un mese. Ma, a ben vedere, questo tipo di inserimento “all’italiana” aiuta davvero i bambini?
Inserimento all’asilo in Sevzia: è di tipo intensivo
Prendiamo ad esempio il modello di inserimento intensivo della Svezia. Nel paese di Pippi Calzelunghe, simbolo per antonomasia dell’indipendenza infantile, da qualche anno è stato introdotto un metodo di inserimento innovativo che dura, in tutto, tre giorni. In questi tre giorni, il genitore sta con il bambino tutto il tempo, partecipando con il proprio figlio a tutte le attività che vengono proposte dall’insegnante. Dopo di che, al quarto giorno, il genitore porta il figlio alla mattina e se ne va.
Come dice lo psicologo Alessandro Manieri: “Il tipo di inserimento svedese racconta un diverso approccio alla vita”. E ancora: “L’inserimento al nido o all’asilo è fondamentale perché non si può lasciare il bambino in modo brusco. Ma temo che l’inserimento come è codificato attualmente nel nostro Paese rischi di servire più ai genitori che ai figli. È una provocazione, ma direi che serve più al genitore che al bambino, perché è insicuro e quindi ha bisogno di lasciare il piccolo un po’ alla volta e ha spesso che creano tensione perché lascia il figlio ad altre persone che devono soddisfare i suoi bisogni. Ma questo atteggiamento non è efficace per il bambino, mentre lo è un metodo come quello nord europeo, perché il genitore partecipa con il bambino alle attività ed è rassicurato perché lo vede”.
Un nuovo modo di elaborare il distacco dai genitori
I bimbi di quell’età infatti sono sensomotori. Questo significa che per loro c’è quello che vedono, mentre ciò che non vedono non c’è. Quindi, se il bimbo non vede il genitore, all’inizio piangerà per il distacco, ma poi semplicemente smetterà perché non vedendolo più, non è in grado di rappresentare mentalmente la sua assenza.
Inoltre, un tipo di inserimento progressivo come quello italiano a ben vedere non agevola neppure gli stessi genitori, nel caso in cui abbiano un lavoro. Per seguire le tempistiche dell’inserimento, infatti, sono costretti a prendere un numero imprecisato di permessi, consumando tutte le ore a disposizione.
E voi che ne pensate? Preferite il modello italiano o quello svedese?
Anche noi genitori siamo stati con i bimbi a giocare la prima settimana perciò anche in Italia funziona così in certe materne! Ed è durato due settimane con piccoli distacchi e orari che aumentavano progressivamente, tutto bene la bimba che ha solo due anni e mezzo ora và volentieri
primo giorno siamo rimasti anche noi genitori …nei giorni seguenti lo abbiamo lasciato per due ore….e anche per la prossima settimana saranno due ore….credo che per un bimbo di tre anni siano piu che sufficienti due ore senza la mamma o il papa o parenti di riferimento….io preferisco così….