Ho avuto tre parti.
I primi due sono stati eccellenti. Del terzo ho un ricordo amaro, inasprito dall’incompetenza e dalla freddezza delle ostetriche.
Una, in particolare, quella che poi ha fatto nascere Isabelle.
Non mi dava le informazioni necessarie, forse non aveva capito che la bambina era girata male.
Chiedevo, non rispondeva, tergiversava. Io soffrivo, legata come un cane al guinzaglio del monitoraggio. Se ero stanca del dolore potevano farmi l’epidurale, però allora doveva nascere.
Per forza. Avrebbero indotto. Una sorta di contrattazione: ti do l’epidurale, in cambio mi liberi la sala parto, ti rompo il sacco, ti ficco un po’ di ossitocina in vena.
“E che sarà mai? È un ormone, null’altro.”
Non sorrideva. Cercavo nei suoi tatuaggi, in quel piercing al naso, come il mio, una complicità che tardava.
Eravamo in anticipo di 12 giorni sulla data presunta del parto: volevo solo sapere se era davvero necessario indurre, mi domandavo se non fosse un falso travaglio, perché fosse così dura. Dopo due parti avuti in una piccola manciata di ore, questo travaglio mi martoriava dalle due del pomeriggio senza sortire effetti.
Le ostetriche carosellano una dopo l’altra, c’è il cambio turno, mille cambi turno, è domenica, forse preferirebbero stare in guardiola a leggersi una rivista, passano controvoglia, mi guardano: “Niente, signora, sempre dilatata di due centimetri.”
Alla fine ho fatto l’epidurale, mi sono lasciata rompere le acque entro i 40 minuti imposti, il mio corpo si è dato da fare, si tengano pure la loro ossitocina. Mi sono messa nella posizione che hanno voluto loro, ho obbedito alla ragazza del piercing.
Ho obbedito a tutto. E in quell’obbedienza un po’ ho odiato mia figlia.
Il giorno dopo l’hanno lavata, l’hanno presa e se la sono portata alla nursery: “No, lei non può venire, non c’è posto per le mamme, la laviamo noi.”
I giorni seguenti ho rifiutato che le facessero il bagno. La portavano a pesarla, poi li obbligavo a restituirmela. Aspettavo dopo le dieci, che fosse passata l’ora di punta, poi mio marito e io entravamo con Isabelle, la lavavamo noi.
Mio fratello mi dirà, alcuni mesi dopo: “Pazienza anche se il parto non è bellissimo. Comunque è nata e sta bene.”
Il problema è che quel giorno è UNO. Ed è quello. È il matrimonio. Certo, poi sarai sposata. Ma le nozze infestate non le riparerà nessuno.
Ora le donne stanno cominciando a riprendersi il loro diritto: c’è chi è stata tagliata senza preavviso, trattata male, curata o indotta oltre il necessario. Ci sono molte madri cui è andata ben peggio che a me.
Ostetriche prese dalla fretta, dai protocolli di chissà chi. Dagli umori o dall’incapacità di sorridere, di sentire che il loro è un privilegio.
In Francia le ostetriche si chiamano “Sage femme”: “Donne sagge”. Dovremmo ricordarlo.
In generale i medici dovrebbero trattare i pazienti innanzitutto come esseri umani. Ma in questo caso di esseri umani ce ne sono due contemporaneamente, e non è una malattia, è una nascita, un mistero, un incanto. E chi non sa rispettarlo fa come chi bestemmia in chiesa. Che non vuol dire non fare i medici, non usare farmaci, non intervenire medicalmente. Vuol solo dire sapere che la protagonista è la donna, la madre. Le altre… sono ancelle.
Ciao,
ho scelto il tuo post per la mia TOP OF THE POST della settimana 🙂
http://www.damammaamamma.net/2016/04/top-of-the-post-25-aprile-2016.html
Io ho partorito il mio secondo bimbo da 9 giorni. Il travaglio e il parto sono stati seguiti da un ostetrica dolcissima, che ha reso un momento dolorosissimo in un’esperienza molto bella.. Sembrava di essere tra amiche. Alla dimissione ha voluto visitarmi lei ed ogni giorno di degenza è venuta a trovarmi e a trovare il mio bimbo. Prima asperienza e splendida persona.
Che bello! E’ proprio così che dovrebbe essere!
Siii..quando chiedi qualcosa per alleviare il dolore.. ti ridono dicendo che è tutto una esagerazione..non ci considerano proprio
Negli ospedali che ho frequentato io ti dicono che non possono garantire la presenza di un’anestesista in sala parto e che il dolore é necessario per sapere come spingere. Poi parli con un ginecologo e non é proprio della stessa idea. Comunque non é stato quello il fatto peggiore. Lo avevo messo in conto. Il fatto che mi abbiano fatto alzare una decina di volte per muovermi da una sala all’altra dicendomi di non farla tanto lunga e negandomi la sedia a rotelle io l’ho trovato disumano. E il resto non lo racconto neppure.
Sono di idea che nel 2016 non è possibile soffrire così..e non è per forza necessario provare parto doloroso per diventare mamma.. a spingere si può benissimo anche con un epidurale..
Mi é parso di capire che una certa parte di loro aderisce in modo acritico a determinate dottrine. Io sono una pratica e le dottrine non mi piacciono. Ci si adatta alla persona e al caso, non il contrario.
Nel mio caso non hanno fatto nulla, ma proprio nulla per farmi sentire a mio agio. Se penso a tutto quello che ti raccontano al corso preparto e a come invece ti trattano al parto e nei giorni immediatamente dopo … per carità! Qualsiasi cosa io abbia chiesto per alleviarmi delle sofferenze mi hanno risposto bruscamente esponendomi, tra l’altro, a rischi di un certo tipo. Io ho un ricordo bellissimo dei primi giorni ma di me il mio bimbo e suo padre. Per il resto uno schifo!
Cavoli, è ingiusto… Io credo che l’atmosfera ‘sbagliata’ incida anche sul bonding col neonato, per me è stato difficile.
Non so cosa sia il bonding. Presumo sia il legame col bimbo. No, quello no. Non ha influito minimamente. Sono solo stata molto molto a disagio.
Mi hai fatto venire i brividi. Io ho avuto il percorso opposto, come leggi: anch’io nessun punto, parti bellissimi, ma questo mi ha portata ad aspettarmi che anche il terzo sarebbe stato ben assistito e un’esperienza meravigliosa: la delusione è stata tremenda, sono rimasta arrabbiata per giorni, chiusa, Isabelle era nata e io ci ho messo un po’, per amarla. Certo, la natura di suo può complicare le cose a volte, ma una cosa è accettare delle possibili difficoltà impreviste, altra è soggiogarsi a donne che tolgono dignità alle madri nonché al loro mestiere.
Mi hai fatto rivivere i miei tre giorni…tre….perché è vero poi sei una madre e hai un compenso smisurato per quella fatica enorme…ma la donna che per sempre vivrà dentro di te non scorderà…i miei parti sono stati veloci…non ho messo un punto, solo del primo ho il ricordo di interminabili ore di sofferenza…l’essere scrutata rivoltata come un volgare pezzo di carne ai mille cambi di turno ha fatto si che quella prima esperienza mi portasse a vivere con orrore e paura i successivi due parti che poi in realtà sono stati semplici e veloci….ma inquinati da quel ricordo…pensa che per tutte e due le volte prima di entrare in sala parto ho chiesto insensatamente in lacrime a mio marito di portarmi via…mettere una vita al mondo merita di essere vissuto con gioia comprensione e delicatezza virtù che si trovano solo in chi ha scelto di partecipare a questo miracolo con umiltà e soprattutto spinto da una forte vocazione…o dalla saggezza…