Una donna marchigiana sceglie di abortire, ma un operatore le chiede se penserà personalmente al funerale e lei denuncia tutto.
Donna marchigiana abortisce: il fatto
Siamo in uno dei tre ospedali delle Marche che praticano l’aborto farmacologico, cioè mediante la somministrazione della pillola abortiva, nel completo rispetto della legislazione regionale che ne garantisce il supporto fino a 6 settimane di gravidanza, invece che 9, come nel resto d’Italia. Una donna vi si reca ed esprime la propria volontà con la convinzione di chi ha voluto scegliere, ma poco prima dell’ingestione del prodotto farmacologico, le viene posta una domanda: “Vuole pensare lei al funerale?”.
La donna in questione rimane sconvolta dall’accaduto e decide di rivolgersi all’associazione ProChoise per denunciare il fatto.
Aborto farmacologico e aborto chirurgico
Nonostante il fine sia lo stesso, le modalità per compiere questi due tipi di aborto sono completamente diversi: il primo, che deve avvenire all’interno di un periodo di tempo stabilito, è dato tramite la semplice somministrazione della pillola abortiva RU che agisce sull’embrione date le tempistiche e le caratteristiche organiche; il secondo, invece, di carattere chirurgico, è un aborto maggiormente invasivo e include una pratica di day hospital.
Ne deriva che, utilizzando la terapia farmacologica in piena regola, non vi è alcun feto formato o in formazione ma ciò che, comunemente, viene chiamato residuo organico.
Questa domanda è stata posta solo “per colpevolizzare la donna, perché anche a livello giuridico si tratta di una richiesta che non ha senso a poche settimane di gravidanza» così si è espressa Marina Toschi, ginecologa dell’Aied di Ascoli Piceno.
Giunta delle Marche e inibizione dell’aborto
Marina Toschi spiega che all’interno della giunta regionale vi è sempre stato un certo atteggiamento ostico nei confronti della pratica abortiva, che ha portato le istituzioni locali a ridurre da 9 a 6 le settimane di gravidanza in cui è possibile utilizzare la pillola abortiva e che ha reso, nel tempo, burocraticamente più complessa la regolazione in merito.
Sono infatti solo tre gli ospedali che permettono questa terapia risolutiva: Urbino, Senigallia e San Benedetto del Tronto.
Aggiunge, fra le sue dichiarazioni, che la pillola abortiva è un metodo non invasivo e che preserva il corpo femminile.