La strada che va da San Vittore, sì il carcere milanese, verso il centro, è quella che facevo, spesso, per tornare verso casa, dopo essere stata dalla ginecologa. Una di quelle mattine, ormai lontane, feci quella strada camminando a tre metri dal cielo: avevo saputo di aspettare una bambina e stavo per comunicarlo a tutta la mia famiglia e agli amici più stretti.
Ricordo, di quei minuti, la sequenza delle telefonate e una parte anche delle chiacchiere. Felice com’ero di aspettare una bambina, come avevo desiderato.
Pur non essendo nata e cresciuta con l’idea della maternità, ed avendo maturato questo desiderio con il tempo e tutt’altro che presto, se mai mi fossi immaginata mamma, da ragazza, lo avrei fatto cullando l’idea di una bambina. Per questo, quando la ginecologa ci comunicò il sesso, ero al settimo cielo. Sarei diventata mamma, la mamma di una femmina.
Alla seconda gravidanza, avendo subito un aborto spontaneo poco prima, non mi importava nulla del sesso del secondo figlio. Quello che avevo appena vissuto, aveva dato un ordine diverso alle mie priorità. Non avevo altro desiderio che il naturale e positivo corso della gravidanza.
Eppure non posso negare che, quando poi presi fra le braccia la mia secondogenita, la felicità di avere avuto un’altra bimba fu grande. Ero nuovamente contenta. Ero felice all’idea della sorellitudine. Quella complicità, quel chiacchiericcio notturno, che io stessa avevo vissuto.
Io credo che, nonostante ciò che si dica, la maggioranza di noi abbia un’aspettativa o anche un desiderio, una preferenza, sul sesso del nascituro. Non solo le mamme, ma anche i papà.
Qualche giorno fa, sul mio blog, ho visto che una persona era arrivata ad un mio articolo, attraverso una ricerca fatta con questa frase: volevo una femmina, ma sto aspettando un maschio. Ho sorriso, in un primo istante, poi, però, ho pensato che se una mamma arrivava a fare una ricerca su internet con questo oggetto, sperando in un confronto o un conforto, non è detto che tutti siano felici, alla fine. La “delusione” potrebbe non far sentire adeguata la mamma, di fronte ad un sentimento che non avrebbe mai pensato di provare. Con gli annosi e pesanti sensi di colpa che posso già immaginare.
Credo, comunque, che le preferenze siano legittimate sempre da una motivazione ragionevole, lecita, come ad esempio essere cresciuti in una famiglia quasi solo al maschile o al femminile o, se ci sono già fratelli o sorelle in casa, poter usare molto dell’abbigliamento e degli oggetti comprati.
Meno apprezzabile è che dietro la preferenza ci sia l’idea di una maggiore facilità educativa o docilità di indole, perché lì staremmo già minando la libertà di un bimbo che ancora non ha visto la luce, con pericolosi stereotipi. E, tanto lo dico, perché ho avuto il dispiacere di ascoltarlo.
E che ci siano preferenze anche dei papà è innegabile: quanti papà parlano di erede, ed indipendentemente dal fatto che ci sia qualcosa da ereditare?
Non pochi anni fa, poi, si cercava il maschio a tutti i costi, come fosse l’unico legittimato a venire alla luce e a regalare felicità alla famiglia. La ragion d’essere, di altri tempi ma non troppo remoti, era nella superiorità del maschio, molto italica e ancora dura a morire.
Indipendentemente dalle ragioni, le preferenze esistono. La maggior parte delle mamme o dei papà nutre delle aspettative, a volte accolte, a volte deluse. E, di fronte ad esse, alle “delusioni”, non tutti reagiscono allo stesso modo.
E anche se sappiamo che l’importate è altro, è davvero altro, di quello che proviamo, di quello che vogliamo o avremmo voluto, non è il caso di vergognarci.
Ma, eventualmente, va ascoltato ed aiutato.