La paralisi cerebrale infantile colpisce 1 neonato ogni 4.000 in Italia ed è una patologia gravissima, in grado di limitare per tutta la vita le capacità motorie del bambino.
Paralisi cerebrale infantile
La paralisi cerebrale infantile è una delle più diffuse patologie neurologiche neonatali. Può portare ad una totale o parziale limitazione della capacità motoria e, in alcuni casi, anche inibire le capacità intellettive. In Italia si verificano circa 1 caso ogni 4000, con un’incidenza dello 0,25% dei nati vivi a termine della gravidanza. Questa è però la causa dei risarcimenti più alti pagati dal Servizio Sanitario Nazionale, che possono arrivare fino a 1 milione di euro. In effetti la vita di una famiglia viene completamente stravolta dall’arrivo di un bambino affetto da paralisi cerebrale. Fra le cause della paralisi cerebrale vi sono infatti asfissia o traumi occorsi durante la nascita, ad esempio in caso di parto podalico.
L’esempio del Giappone
In Giappone, Paese che condivide con l’Italia il più basso tasso di natalità mondiale, è stato attivato un fondo dedicato proprio alla paralisi cerebrale. Questo contribuisce ad aiutare le famiglie dei bambini colpiti, che dovranno sostenere cure costose per tutta la vita, ma soprattutto a finanziare la ricerca su questa patologia. Il risultato è che i casi di paralisi cerebrale infantile sono calati in Giappone dei 2/3, grazie ad un miglioramento degli standard di cura.
La situazione in Italia
In Italia nel frattempo il pericolo di cause legali sta facendo calare in modo significativo le iscrizioni alle specializzazioni come ostetricia. Nella pratica aumentano invece gli interventi di medicina difensiva, come i tagli cesarei. Questi servono in alcuni casi più a tutelare il medico, che si mette al sicuro da possibili cause e citazioni legali, che il paziente, che non avrebbe bisogno di tale intervento e non ottiene cure qualitativamente migliori. Nonostante la natalità sia in costante calo le cause legali sono in aumento, pesando sulle casse dello Stato e portando sempre più alla luce un sentimento di rivalsa verso quella che è percepita come malasanità e come carenza di qualità e attenzione nelle cure prestate.