Sono più di 5 anni che sono mamma. Sono più di 5 anni che rimango basita dalla solidarietà che pretendiamo, dall’empatia che chiediamo, dall’aiuto che preghiamo, e poi, alla fine, siamo prive di comprensione verso quelle che la pensano diversamente. Quelle che, semplicemente, riteniamo diverse: per cui persone da criticare, senza margine di dubbio o di bontà.
Chiediamo rispetto quando allattiamo in pubblico. E ci mancherebbe!
Eppure, nei confronti di quelle del gruppo del biberon, ci sentiamo migliori, e non esitiamo a farle sentire inferiori. Mettiamo a disagio, insinuiamo minore affetto o di volontà di impegno. Il nostro è un legame speciale. La nostra è fatica. Mica la loro.
Chiediamo rispetto verso le nostre scelte meno comuni: l’auto svezzamento, i pannolini lavabili, o magari anche un parto assolutamente naturale, senza l’epidurale. E ci mancherebbe!
Ma non manchiamo di far sentire le altre delle donne, mamme pigre, che non vogliono sprecare energia. Non manchiamo di sottolineare che è facile partorire senza sentire dolore, dare due omogeneizzati, che chissà cosa contengono, propinare pannolini inquinando il mondo!
Chiediamo rispetto verso nostro figlio che ancora non gattona, non cammina, non parla. E ci mancherebbe!
Ma se gli altri nostri figli sono “più avanti” di altri bimbi, lo facciamo pesare. Li mettiamo in evidenza come piccoli Nobel della letteratura, della medicina, della matematica. Sottolineiamo la loro statura, emotiva, intellettiva ma pure fisica, sminuendo gli altri che sono indietro.
Chiediamo rispetto per il nostro essere mamme sempre, senza sosta, nonostante il lavoro, la carriera, i soldi che portiamo a casa. E ci mancherebbe!
Eppure affondiamo senza pietà chi è a casa con i figli, pur sapendo quanto è difficile, dura, a volte anche alienante, esserci sempre e comunque. Facciamo sentire quelle mamme donne a metà, senza spina dorsale, senza scopi, senza identità. Mantenute.
Chiediamo rispetto alle istituzioni, che garantissero la scuola ai nostri figli! La socialità, l’istruzione, le relazione con i compagni, la continuità di quel percorso imprescindibile per la crescita dei bimbi e ragazzi. E ci mancherebbe!
Ma appena c’è la possibilità di far frequentare solo alcuni, in base al lavoro di mamma e papà, mettiamo avanti solo i nostri ragazzi, come se la scuola non fosse più una seconda casa per la crescita, ma un parcheggio.
Chiediamo rispetto sui social, quando esprimiamo le nostre fragilità, le nostre difficoltà, le nostre emozioni, quando raccontiamo qualcosa che ci è accaduto e che ci ha ferite. E ci mancherebbe!
Ma non fosse che una la pensi diversamente, diventiamo assassine seriali, stalker, killer senza pietà. Buttiamo giù, attraverso i tasti, le parole, il peggio del peggior essere umano mai esistito, e cominciamo a sparare colpi, fendenti che non lasciano possibilità di rialzarsi.
Sono più di 5 anni che sono mamma e quello che vedo ed ho visto, sentito, ascoltato, mi fa venire voglia di allontanarmi dalle mie simili. Da quelle mamme alle quali ti avvicini perché pensi di essere sulla stessa strada, per cui immagini di poterti confrontare, ma trovi la tua peggiore nemica, senza neanche esserti presentata.
Mamme contro mamme: quella stupida battaglia in cui perdono tutte. Si, perdono tutte, perché non ci sono gruppi o categorie che tengano, per considerati sempre dalla parte giusta.
L’allattatrice potrebbe dover ripiegare sul biberon. L’ecologista potrebbe essere costretta ad usare i pannolini usa e getta. La lavoratrice potrebbe diventare disoccupata.
Mamme contro mamme io, ve lo giuro, non ce la faccio più. A volte, pur cercando una scusante, una giustificazione, a certi nostri turbinii di caustici giudizi da quattro soldi, non ne trovo, se non una: il diventare una mamma non rende migliori alcune donne. Capire la meraviglia e l’annessa fatica di quel miracolo che ci è caduto addosso, non azzera, da certe persone, quel grosso difetto di fabbrica: l’essere semplicemente cattivi con gli altri, piccandosi di essere migliori.