L’epidemia di Coronavirus ha costretto le famiglie a crearsi una nuova quotidianità tra le mura di casa, cercando di diversi i compiti e conciliare i tempi tra scuola dei bambini e ragazzi, smartworking per i genitori e faccende domestiche varie. 24 ore su 24 con la famiglia al completo in spazi spesso non adatti ad essere vissuti tanto intensamente ha messo a dura prova la pazienza di tanti, e non solo.
Per molti il lockdown è stato anche sinonimo di rivoluzione nei metodi di lavoro: lo sanno bene le mamme che si sono reinventate per riuscire a mantenere l’ordine in casa, nel lavoro, tra i compiti dei bambini e i pasti da preparare. Questa difficile situazione ha suscitato tanti interrogativi, divenendo l’occasione per porsi delle domande e cercare nuove risposte.
Un Paese che non valorizza le mamme
In questi due mesi è stato realizzato uno studio che ha analizzato un campione di 1000 donne italiane di età compresa tra 25 e 25 anni in riferimento alle misure prese a sostegno delle lavoratrici a seguito della pandemia di Covid-19 e alle aspettative sul loro futuro lavorativo. Il quadro che ne risulta vede un Paese in cui la scelta di creare una famiglia ha avuto conseguenze su una percentuale consistente di donne. In particolare, il 56 % delle intervistate (più di una donna su due) si è trovata di fronte a degli ostacoli legati alla maternità nel suo percorso lavorativo. Tra queste, il 29% ha deciso di aspettare ad avere figli a causa delle policy o delle richieste (dirette o indirette) del datore di lavoro. Per il 17%, la maternità ha avuto come esito ripercussioni negative sulla carriera, concretizzatesi nel licenziamento per il 6%.
Inoltre, la maggioranza tra le intervistate (il 53%) si dice disponibile a rinunciare a un aumento del 10% dello stipendio per migliorare le condizioni di maternità.
Nel futuro post Covid-19 maggiori aiuti alle famiglie?
Interessanti anche i dati relativi alle modalità di lavoro che le donne incluse nello studio hanno messo in pratica durante il lockdown. Il 41% lavora attualmente in smart working, ma di queste solo il 12% poteva lavorare da remoto anche prima della quarantena. Solo per il 4 % delle intervistate il datore di lavoro sta offrendo un sostegno concreto alle famiglie con l’erogazione di assegni famigliari o sussidi per le spese sanitarie. Viene qui in aiuto il congedo parentale straordinario promosso dal Governo e inserito nel Decreto che permette di ottenere fino a trenta giorni di congedo retribuito al 50% per chi ha figli minori di 12 anni.
Nonostante queste forme di aiuto, però, l’81% delle donne intervistate esprime il desiderio di politiche migliori a sostegno delle famiglie che includano un più lungo congedo di paternità e aiuti maggiori ai neo-genitori. Il 91% è insoddisfatto e il 65% opterebbe per il modello norvegese con 42 settimane di congedo retribuito per la mamma e fino a dieci per il papà.
E’ ancora la madre ad occuparsi dei figli, un altro passo in avanti che vorremmo vedere presto prevede norme di congedo e cura dei figli create su misura anche dei padri. Una misura che garantirebbe il diritto dei papà al loro ruolo di genitore e diminuirebbe la discriminazione nei luoghi di lavoro.