Il momento pasti, come tutto il resto delle nostre giornate, cambia sensibilmente, con l’arrivo dei figli.
E, che te lo dico a fare, il cambiamento non è in meglio.
Prima di avere figli, la cena in special modo, poteva avere anche connotazioni romantiche. Soprattutto per coppie di giovane formazione, alla prima convivenza, fatta ancora di cartoni da sistemare e tavola vera e propria da comprare.
Potevano esserci candele, che le accendevi al momento di cucinare e si consumavano lentamente e non te ne accorgevi.
Fiori, che non ti importava affatto se fossero stati presi dal più caro dei fiorai o strappati dall’aiuola sotto casa, perché contava il gesto. Quello verso di te, non quello verso il senso civico.
Potevi scoprire il frigo vuoto, ma non era determinate per lo stomaco, bastava l’amore, il vino ed un pezzo di formaggio.
L’apoteosi era il momento dedicato ai fornelli. Musica, piedi scalzi, calici di rosso, fumi ed odori inebrianti che la cappa era un puro orpello.
Ogni piatto era mangiato lentamente, apprezzato al massimo. Se fossimo stati giudici di gare culinarie televisive, avremmo parlato di croccantezza, esplosione di gusti, profumi, sapori, di equilibrio degli elementi, sapidità, dolcezza, e compagnia bella.
C’erano, sempre, più portate. Mangiavamo, con estremo piacere, luci soffuse, effusioni, risate e chiacchiere, aperitivo, antipasto, primo, secondo con contorno, frutta e dolce. E, magia delle magie, mistero dei misteri, avevamo divorato tutte le portate, sentendone i sapori e senza mettere mai chili in eccesso.
Era tutto un grazie, prego, buonissimo. E l’armonia continuava anche dopo, al momento del lavaggio dei piatti. Non importava se avessimo o meno la lavastoviglie. Tutto era un modo per prolungare il piacere di stare insieme, in cucina, ad amoreggiare.
Poi, sono arrivati loro. Non importa se hanno fatto capolino improvvisamente o sono stati desiderati a lungo. Non ha rilevanza se sia uno solo, il facinoroso, o la banda bassotti.
Il dopo figli, quando i figli sono piccoli, è una livella. I sovversivi non guardano in faccia a nessuno.
La cena, dopo i figli, è l’ultima esperienza devastante della giornata.
Candele. Sparite. Diciamo ai bimbi che si usavano, un tempo, quando non c’era elettricità. Perché, se messe a tavola, le opzioni sono due: o cominciano a soffiarle a turno, come fosse un compleanno, litigando su chi ha soffiato per primo; o causano incendi, appena ti giri.
Fiori. Orpelli inutili, già se usiamo la tovaglia è un lusso e di quella ci accontentiamo.
Che il frigo sia vuoto o pieno, chissene. Che siamo o meno bravi a cucinare, chissene. Non abbiamo tempo da perdere. Siamo stanche, dobbiamo fare presto, che il litigio è dietro l’angolo.
Una solo portata. Dobbiamo sperare che non faccia la fine del bicchiere d’acqua, perennemente su pavimento.
Si magia a momenti alterni, a seconda dell’età del figlio. Se piccolissimo, prima lui poi la coppia. Se piccolo, la mamma, mentre il papà dondola, in piedi, con lui e viceversa. Se medio, tutti insieme. Il che vuol dire che noi mangeremo in modo vorace, senza sentire il minimo dei sapori. Ci troveremo la sera, a letto, con la sensazione di avere la pancia gonfia, ma avendo ancora fame e saremo ingrassati come avessimo divorato un bue.
Lavastoviglie e cappa sono d’obbligo, la prima evita il divorzio, la seconda si accende pure per quando bolle l’acqua della pasta.
La cena diventa un momento rumoroso, dopo i figli. Già lo so cosa direte, è il rumore della vita. Della famiglia. Musica per le orecchie.
Bello eh! Sono d’accordo. Ammetto mestamente, però, che la musica fatta di “Stai composto” “Attento, sta cadendo”, “Cosa ti avevo detto?”, “Ora mangi tutto, però”, ha un certo potere logorante.
Quel logorio capace di dare un senso al nostro meritato svenimento sul divano!