A fine luglio, il Rapporto BES (Benessere Equo e Sostenibile) realizzato dall’Istat ha fotografato in Italia una situazione sottovalutata: sono in aumento le donne lavoratrici che non hanno figli, scelta che spesso viene presa a causa delle incertezze dovute alla crisi, alla volontà di fare carriera o alle politiche delle aziende.
L’Italia non è più un Paese per mamme
Il lavoro o i figli: è questa, nel 2018, la situazione che si prospetta in Italia per le donne lavoratrici e che desiderano mettere su famiglia. Nonostante il tasso di occupazione femminile nella fascia d’età 25-49 anni sia cresciuto, il rapporto BES dell’Istat che fa luce sugli indicatori del benessere equo e sostenibile spiega come le donne siano ancora costrette a scegliere tra il diventare mamme o fare carriera, prediligendo spesso la seconda opzione, anche per le incertezze dovute alla crisi economica e alle politiche delle aziende che penalizzano chi desidera una gravidanza. Inoltre, molti nuclei familiari preferiscono avere due redditi anziché uno e la donna, in mancanza di incentivi, sceglie il lavoro anche per far quadrare i conti. E, non a caso, il rapporto tra il tasso di donne occupate con figli in età prescolare e quelle che non ne hanno è sceso di due punti percentuali negli ultimi due anni.
Mancanza di incentivi: la scelta tra figli e lavoro
Ci sono tanti piccoli segnali di peggioramento nonostante in altri Paesi siano in vigore da anni politiche volte a incentivare la maternità e a mettere nelle migliori condizioni le famiglie per conciliare lavoro e ruolo genitoriale.
Tra le maggiori criticità evidenziate nel rapporto ci sono le rette troppo alte per gli asili, ma anche per i papà mancano misure atte a riconoscere la loro importanza dato che il congedo di paternità si limita a pochi giorni. Anche per tale motivo, per evitare che tutti questi fattori portino sempre più donne lavoratrici a rinunciare alla maternità, da più parti si chiede il “potenziamento” di alcune misure come i voucher baby-sitter e la possibilità di prevedere forme di “smart work” da casa per le dipendenti, opzioni a cui la maggior parte delle aziende italiane non fa ricorso, se si eccettuano poche virtuose multinazionali.