Ho due figlie. Una di quattro anni e una di quasi due. Ho una vita normale, perché sono una persona normale, qualunque cosa voglia dire. Momenti difficili, caos. Momenti più semplici, felicità.
Le bimbe riempiono totalmente le nostre vite.
È sempre complicato per me, per noi, ritagliarci sere, come istanti, che non girino attorno a loro. La merenda per la festa della scuola, il raffreddore, un compleanno, il piumino di comprare, perché quello dell’anno prima non entra più.
Piccole cose di ogni giorno che mi impediscono di organizzare altro che non sia loro.
Dei giorni ci impazzisco. Mi domando, fra qualche anno, quando saranno più indipendenti, se riuscirò a riprendere quei pezzi di vita che ho abbandonato chissà dove. Se riuscirò a far crescere quel progetto o quell’altro che, ora, procedono troppo lentamente.
Dei giorni, quelli proprio complicati, quando, ad esempio, ci si passa le influenze e si sta a casa, per settimane, o quando devo consegnare un lavoro a cui tengo, ma una mi sale sulla schiena e l’altra strilla, e premo invio, perché non ce la faccio a ragionare, ma so che avrei potuto fare di meglio in altre condizioni, mi sento sola e frustrata.
Per non parlare di quando vedo genitori che fanno tutto: hanno lavori e carriere impegnative, addirittura hobby, week end per loro, bimbi sereni, puliti, ordinati.
Cosa sbaglio, io?
A volte, invece, vengo travolta da altre riflessioni: li chiamerei pensieri di lentezza.
Penso a quanto sia bello potersi soffermare ad annusare le loro teste, a chiedere come è andata a scuola, anche se so che non avrò la risposta che mi aspetto, a preparare una ciambella insieme.
Penso a quanto mi piace sbaciucchiare le guance, addirittura piegare body e magliette che quasi quasi sembrano quelle di due bambole.
Penso a quanto mi renda felice fare la lotta sul letto, giocare a nascondino facendo credere che la tenda renda invisibili, ascoltare parole, frasi concetti da teatro dell’assurdo che, fra qualche anno, non saranno neanche loro in grado di ripetere, né di ricordare.
Perché il punto è proprio questo. Fra qualche anno, mesi che andranno via con la velocità della luce, non ci saranno più due bambine ma due ragazzine. Non ci sarà più quella voglia di mamma e papà, quel dammi un bacino sulla bua, voglio che vieni a prendermi tu, a scuola. Lì sarà tutta un’altra storia.
In quei momenti, penso che, tutto quello che non sia loro due, possa attendere. L’hobby, la camicia inamidata, il progetto al quale anelo da sempre.
Perché penso che siamo tutti diversi e quello che ho capito di me, è che io ci voglio stare ora, nella loro vita, il più possibile. Voglio viverle e vivere, ora, la casa che vivono loro. Voglio godermi tutto, l’odore, il sorriso, il versetto. Perché è questo che mi rende davvero felice.