Le recenti cronache hanno intenerito tutta l’opinione pubblica, e questo al di là dei giudizi di carattere etico nei confronti dei genitori, riguardante gli ultimi giorni di vita del piccolo Alfie, un tenero e sfortunato bambino affetto da una sindrome rara, senza cura, neuro-degenerativa con nessuna possibilità di superamento della soglia infantile.
Uno spiraglio nel dolore
Fortunatamente i casi di malattie rare, soprattutto di tipologia neuro-degenerativa, sono percentualmente davvero pochi, ma ciò non deve giustificare la ricerca a non occuparsi di risolvere queste malattie o alleviare le sofferenze delle famiglie coinvolte.
La speranza è spesso l’unico conforto per questi casi davvero sfortunati e il caso di cronaca del piccolo Alfie, affetto da una di queste rare forme di patologia neurovegetativa ha diviso, ma commosso, l’opinione pubblica.
Una notizia di questi giorni sembra proprio alimentare questa speranza: un nuovo farmaco sembra riuscire a sostituire l’enzima assente nei soggetti affetti dalla ceriodolipofuscinosi neuronale di tipo 2 (CLN2), aprendo nuove speranze e nuovi orizzonti in ambito medico pediatrico.
Una speranza condivisa dai medici
Le ricerche in ambito di queste malattie rare, tra cui la ceriodolipofuscinosi neuronale di tipo 2, sono ancora in fase di elaborazione dati e di ricerche di laboratorio: lo studio che sta coinvolgendo quattro importanti nosocomi, in cui la ricerca è ad altissimo livello, sta rivelando dati interessanti che possono concedere alle famiglie di bambini affetti dalle patologie interessate, speranze e spiragli di luce nel buio attuale.
I quattro nosocomi sono disseminati in tutto il mondo ma l’Italia, grazie all’Ospedale del Bambino Gesù di Roma, è in prima fila in questa appassionata ricerca e i primi dati confermano che il farmaco arresta in percentuali significative (circa l’87%) la progressione della malattia quindi la regressione dello stato neurologico del paziente. La terapia è avvalorata dall’Fda e dell’Agenzia europea per i medicinali, la Ema.
I primi segnali di questa patologia si manifestano abbastanza tardi, intorno ai due anni di età: ritardo di acquisizione del linguaggio e crisi epilettiche sono i primi sintomi, ma il decorso è molto rapido: si tratta di una malattia degenerativa che fino a questo momento portava rapidamente ad una condizione di vera e propria demenza.
Il nuovo farmaco potrebbe aprire una nuova epoca per questi bambini e le loro famiglie: se diagnosticata in tempo e trattata tempestivamente, la malattia vedrebbe i suoi danni ridotti al minimo, tanto da permettere ai piccoli una vita normale o solo con minima disabilità.