Il pancione cresce e insieme alla gioia dell’arrivo di una nuova vita, si inizia a fare strada la paura per l’evento del parto: come sarà? Avrò tanto dolore? Quanto dovrò soffrire? Ce la farò a sopportare tutto questo?
Avere paura di partorire è del tutto normale: del resto questo appuntamento è forse il più importante nella vita di una donna. E poi, chi di noi non ha almeno un’amica che ha raccontato storie inenarrabili e ai limiti dello splatter vissute tra le quattro mura della sala parto?
Tuttavia, farsi invadere da una profonda sensazione di angoscia può essere contro produttivo per una gravidanza serena e per il parto stesso, rischiando di irrigidire troppo il corpo e di rendere ancor più difficile e doloroso il travaglio e l’espulsione.
Ecco qualche piccolo consiglio da seguire per vivere al meglio gli ultimi, meravigliosi, mesi di gravidanza e prepararsi ad un parto gioioso, liberandosi dall’ansia.
1. Informarsi, prima di tutto
La principale nemica dell’ansia è la disinformazione: racconti, leggende, dicerie, possono creare false aspettative e generare timori insensati. Informatevi bene di cosa succede al momento del parto, parlando con gli specialisti che saranno al vostro fianco in quel momento. Conoscere come si svolgerà l’evento vi chiarirà le idee e vi donerà maggiore consapevolezza.
2. Scegliere l’equipe medica
In molti ospedali oggi è possibile scegliere la squadra medica, ginecologo e ostetriche, che vi seguiranno dal travaglio alla sala parto. Non abbiate timore di sembrare esagerate o pretenziose: circondarsi di persone di fiducia, sulla vostra linea d’onda anche dal punto di vista umano e psicologico, è un’ottima strategia per sentirsi più protette e al sicuro, favorendo il relax.
3. Non abbiate paura di esprimere le vostre sensazioni
Censurare l’ansia, costringendosi al silenzio non aiuta! Se avete paura, ditelo. Se avete dolore, fatelo presente – e sentitevi pienamente libere e padroni di scegliere di alleviarlo – se volete gridare non trattenetevi. Buttate fuori le vostre emozioni senza vergogna, per evitare di somatizzare.