Per settimane sui giornali cartacei e online e sulle principali emittenti televisive (con tanto di speciali e di reportage) non si è fatto che parlare della morte, quasi contemporanea, di alcune partorienti avvenuta in diversi nosocomi della Penisola. Inevitabilmente tra le future mamme è cominciato a serpeggiare il panico e, contestualmente, si è contribuito ad alimentare una profonda e indiscriminata sfiducia nei confronti degli operatori sanitari. Si può parlare anche in questo caso di bieco terrorismo mediatico?
Ciò che la stampa e le televisioni, sempre attentate a “montare il caso”, non dicono, è che l’Italia vanta un tasso di mortalità materna significativamente inferiore alla media. In altri termini da una parte si grida all’emergenza sulla base di alcuni eventi singoli e, dall’altra, non si tiene affatto conto del dato statistico e documentale. Offrendo notizie costruite ad arte, che enfatizzano la tragedia e omettono i dati scientifici e statistici, si contribuisce a offrire una visione parziale e alterata della realtà, ingenerando negli spettatori e nei lettori (soprattutto in coloro che sono coinvolte in prima persona) un timore incontrollato.
Il punto di vista di Steffens
Il celebre giornalista e attivista statunitense Joseph Lincoln Steffens (6 aprile 1866 – 9 agosto 1936) sosteneva la tesi secondo cui, partendo da un semplice caso di cronaca, il potere della stampa era tale da poter ingenerare una vera e propria psicosi collettiva. Cioè a dire che i media, facendo leva sulla propria capacità retorica e persuasiva, sono in grado di amplificare la portata di un singolo evento, trasformandolo in emergenza sociale.
Individuare le responsabilità
Quando una paziente muore in sala parto è necessario capire cosa è realmente è successo, affinché si chiariscano le responsabilità individuali e le reali condizioni cliniche della partoriente. D’altra parte è innegabile che è necessario adoperarsi affinché anche la minima percentuale di rischio morte venga completamente annullata.