Dal 1978 – anno in cui in Italia entrò in vigore la legge che regolamenta l’aborto – ad oggi sono passati oltre trent’anni, molta strada è stata fatta sul tema dell’interruzione di gravidanza e molti dibattiti – ieri come oggi – hanno infiammato l’opinione pubblica. Una scelta certamente difficile, il diritto a una libertà che spesso lascia l’amaro in bocca, decidere di ricorrere all’aborto non è per nessuna donna un passo da affrontare a cuor leggero.
Com’è cambiato nel tempo l’approccio delle donne italiane al tema? Stando ai dati dell’ultima relazione sull’attuazione della legge 194/1978 inviata recentemente dal Ministero della Salute al Parlamento, nel 2014 le interruzioni volontarie di gravidanza in Italia hanno registrato una riduzione del 5,1% rispetto al 2013.
I dati sono significativi, soprattutto se rapportati ad anni precedenti: ad esempio, rispetto al 1982 – anno in cui si registrò l’apice del numero di aborti –, oggi le interruzioni volontarie di gravidanza risultano dimezzate.
Le donne che hanno abortito spontaneamente nel 2014, in Italia, sono meno di 100.000. Il 34% di queste sono straniere, mentre il tasso di abortività fra le minorenni è del 4,1 per 1000, uno dei più bassi se rapportato agli altri paesi occidentali. Ancora, le donne che sono ricorse più di una volta all’interruzione volontaria di gravidanza rappresentano il 26,8% del totale, una percentuale che si mantiene stabile e, anch’essa, molto bassa rispetto alla media internazionale.
Altro dato importante che emerge dalla relazione è legato al fatto che ormai la quasi totalità delle donne (il 90%) abortisce nella propria regione di residenza: ciò fa capire che – nonostante il numero di medici obiettori di coscienza resti costante – pressoché in ogni regione ci sono medici e strutture sanitarie in numero adeguato a coprire la domanda di aborti.
Venendo alle riflessioni, interpretare le ragioni di questo calo delle interruzioni di gravidanza non è semplice: quanto dipende da un maggior rispetto verso la vita e quanto, invece, dal ricorso alla pillola del giorno dopo?
Un’età più avanzata nell’affrontare la gravidanza e quindi meno paura e più autonomia anche economica