Una delle cose che più manca alla nuova coppia genitoriale, soprattutto alla mamma, è il sonno. Un sano e sereno riposo. Sono pochissime le donne che hanno un figlio e che riescono a dormire una notte intera, almeno fino a che il bambino non ha l’età giusta per fare la nanna tutta la notte. Il problema, infatti, è proprio quello, problema che molte mamme ignorano. I risvegli notturni del neonato, e del bambino poi, sono fisiologici. Vale a dire che è la naturale e giusta procedura dell’organismo. Questo perché in epoche remote, i bambini che non si risvegliavano e non attiravano l’attenzione della mamma, correvano decisamente più pericoli e avevano una percentuale di sopravvivenza piuttosto bassa.
Eppure c’è chi ignora questa fisiologia del sonno e, da una parte comprensibilmente estenuato dalle ore insonni, opta per metodi “altri” per far fare la nanna al proprio bimbo. Nella migliore delle ipotesi il pargolo viene imbottito di latte in formula che essendo più pesante da digerire rispetto a quello materno, induce sazietà e il bambino crolla (non sempre però!). Ci sono poi i genitori simpatizzanti di Estivill, il famoso sdoganatore di una procedura di nanna che definire discutibile è riduttivo. Questi mettono il piccolo nella sua stanza, nel suo lettino, e se piange e chiama i genitori, l’unica mossa che è concessa loro è quella di affacciarsi alla stanza per rassicurarlo, ma senza toccarlo.
L’ultimo ritrovato della “disperazione da sonno” genitoriale però è la melatonina. In realtà questa è una sostanza naturale al 100% che, se assunta tutti i giorni, aiuta a regolarizzare le fasi di sonno-veglia. Ovviamente funziona anche con i bambini (non tutti) che, dopo aver assunto la pillola, dormono beatamente. Ora, per il fatto che si tratti di una sostanza naturale, non dovrebbero esserci controindicazioni. Il problema però è che non esistono sufficienti studi a riguardo in grado di dimostrare gli effetti a lungo temine sui più piccoli.
Non solo, resta la domanda su come questo influisca sul bambino a livello psicologico. Non si rischia forse di dargli il messaggio sbagliato autorizzandolo, anche in modo implicito, a pensare che per fare qualcosa occorra assumere qualcosa?