E’ utile effettuare un controllo a quattro settimane di distanza dalla fase acuta dell’infezione, nei bambini e negli adolescenti. Queste sono le direttive e i suggerimenti che ha dato la SIP (società italiana dei pediatri), in collaborazione con la Sitip (Società Italiana di malattie infettive pediatrice), la Simri (Società Italiana malattie respiratorie infantili), la Simeup (Società italiana di emergenza e urgenza pediatrica), la Sipps (Società Italiana di pediatria preventiva e sociale) e la Siaip (Società Italiana di allergologia e immunologia pediatrica). Il documento in cui sono contenute queste indicazioni nasce grazie allo studio ripetuto di pazienti affetti da “long covid”, patologia sempre più studiata in tutto il mondo, se pur di difficile inquadramento.
Il long covid nei bambini: che cos’è e che sintomi dà
Sempre più spesso si sente parlare di “long covid”, in riferimento a disturbi post infezione e negativizzazione che perdurano per un lasso di tempo considerevole. Le autorità sanitarie hanno provato a inquadrare questa nuova patologia, sostenendo che si possa parlare di long covid in presenza di sintomi ripetuti per circa due mesi e non imputabili ad alcuna causa organica rinvenibile tramite esami diagnostici.
I sintomi più comuni, soprattutto nei giovanissimi, sono affaticamento, senso di oppressione e dolore toracico, tachicardia, dolori addominali e sfoghi cutanei di vario tipo.
A tutto questo si aggiunge lo stress e l’impatto psicologico che peggiora notevolmente il quadro, perché il paziente percepisce di non poter più compiere le proprie attività come prima della malattia.
Long covid nei bambini e adolescenti: alcuni dati
Dagli Stati Uniti arriva un dato interessante: circa 6 milioni di casi di long covid tra i bambini e gli adolescenti, che rappresentano circa il 16% dei casi totali. Se è vero, infatti, che sembra esserci una correlazione tra la gravità della malattia e quella del long covid, quest’ultimo può colpire anche chi ha avuto un decorso asintomatico o paucisintomatico.
Non esiste una cura generica, occorre infatti analizzare il decorso clinico di ogni paziente e capire come sia meglio intervenire caso per caso.
Proprio per questo la SIP si raccomanda di sottoporre il bambino e esami clinici dopo un mese dall’infezione e, se necessario, di mantenerlo in follow up anche nei mesi successivi. Ciò è utile non soltanto per migliorare le condizioni di vita del singolo paziente, ma anche per portare avanti la ricerca e lo studio di questa nuova patologia che è molto subdola e spesso sfugge alle classiche diagnosi.