Ieri sera, ho visto un film che affrontava il tema delle adozioni. Una commedia simpatica che raccontava di una coppia, chiamata dall’associazione cui si era rivolta per poter prendere in affidamento prima ed in adozione poi, un bambino. Una coppia di colore alle prese con un bimbo di quattro mesi, dalla pelle candida, con capelli biondi ed occhi azzurri. Una vera eccezione, nel panorama variegato (ma neanche troppo) delle adozioni.
La coppia, felicissima di poter coronare il sogno di far crescere la propria famiglia, è l’unica che accetta subito il colore della pelle del bambino, senza dubbi. Anche se la mamma, al parco, spesso viene confusa con la tata, o quando, in fila dalla pediatra, viene scambiata per una collaboratrice, ma la gioia di poter abbracciare il neonato, non viene scalfita.
I nonni, invece, non ne vogliono sapere. Pregano che il bambino ritrovi la madre naturale, in modo che gli assistenti sociali lo tolgano ai nuovi genitori.
Ma sono proprio questi ultimi ad essere fortemente preoccupati dall’ adozione. Un bambino nero, anzi black,come dice una di loro, va bene in una famiglia di bianchi, ma il contrario no. Il mondo non è pronto!
Cosi la coppia viene tartassata da visite infrasettimanali, spesso a sorpresa o fuori orario, da parte dell’ostile assistente sociale, le cui domande e la cui presenza, sono molte più invadenti rispetto alla normale routine, nel caso di un più comune affidamento.
Il film parla d’amore, della necessità di amare ed essere amati.
Le coppie che cercano un figlio, quando questo figlio non arriva, sono alla ricerca spasmodica di dare e ricevere amore.
I bimbi che non conoscono i propri genitori naturali, e vivono nelle strutture per minori, hanno bisogno di una casa tutta loro, con una nuova mamma ed un nuovo papà, pronti ad accoglierlo.
Il film è un film, per cui ci sono risate, colpi di scena, picchi di tenerezza, come momenti al limite del ridicolo. Ma rimane il fatto che al suo centro ci sia questo pensiero: l’amore del bambino, il suo benessere, deve essere messo davanti a tutto. E’ questo che deve guidare le scelte degli assistenti sociali e di chi si occupa delle adozioni.
E pensare come, in Italia, sia difficile adottare un bambino, sia attraverso un iter nazionale come internazionale, fa domandare se davvero ci sia al centro di tutto il bisogno di amore, di casa, dei piccoli.
Come dicono nel film, il mondo da avanti, non si possono ignorare i cambiamenti sociali avvenuti nel corso degli anni: ci sono bambini con un solo genitore, quelli che hanno due mamme o due papà. E, l’unica cosa su cui ci si deve concentrare, è l’armonia, l’equilibrio, ed il grande sentimento reciproco che si instaura con i bambini.
“Ha i tuoi occhi”, questo il suo titolo.
Un modo in cui vengono raccontate le nostre ritrosie, i pregiudizi che pensiamo non ci appartengano, gli stereotipi dai quali siamo sommersi sino al collo.
Di tutti quei muri che vengono alzati, a causa delle nostre paure più antiche ed insensate, e che non consentono, al bisogno di amare di una coppia (come anche di un singol) e quella di un bambino, di incontrarsi.