Spesso, scherzando, con sarcasmo od ironia, parliamo di mamme super. Di madri a cui vorremmo ispirarci, mamme che non riusciamo ad essere.
Ci riferiamo a quelle che preparano tutto bio, che si svegliano all’alba per cucinare delizie culinarie. Quelle che lavorano tantissimo eppure riescono a fare quello e quell’altro.
Madri in carriera che non perdono una recita, tanto meno la prova generale, di nessuno dei tre figli gemelli. Belle, magre, giovani, curate.
Con scherno, un pizzico di invidia ma con tanto tono canzonatorio, parliamo di mamme alla cui categoria non apparteniamo.
Madri che trovano anche il tempo per ricamare il nome sul bavaglino del figlio bebè, fare da taxi driver per il figlio adolescente, preparare alle olimpiadi la maggiore, seguire nei compiti il mediano.
Tutto questo, mentre cucinano antipasto, primo, secondo e dolce, in stile Cracco, salgono nella sala dei bottoni e fanno anche le rappresentanti di istituto e quelle di quartiere.
Non ci vediamo chiaro. Ve lo dico io. Seppur esistano questi genitori, essi altro non fanno che essere se stessi. Fanno ciò che possono e vogliono, come tutti gli altri.
Le mamme super, quelle a cui ispirarci, sono altre.
Non sono quelle che allattano o che combattono sciocche battaglie sul cibo industriale o la crema naturale.
Le mamme super, sono altre.
Sono quelle che stanno accanto ad un figlio che ha problemi. Di quelli seri. Quelle che – che sia dalla nascita o dal mezzo del cammino – hanno un solo pensiero: che tutto vada meglio, che tutto possa migliorare.
Quelle che si fanno le trafile burocratiche e le file negli ospedali, nelle corsie, nei corridoi degli specialisti, sperando siano davvero quei professoroni di cui si racconta. Donne che non sempre ricevono empatia, abbracci, conforto, in quelle corsie, come a scuola, come dalle altre mamme e dai loro figli.
Quelle che, ogni mattina e ogni sera, non lesinano sorrisoni e grandi abbracci verso i figli, amandoli l’impossibile e trattenendo le lacrime, rinchiudendole in angoli profondi, stretti, perché non trovino la forza e la via per uscire.
Quelle che la speranza, sempre. Sino all’ultimo.
Quelle che hanno sorrisi e abbracci per tutti. Anche per chi non è di famiglia, perché sanno che non è colpa di nessuno e non vogliono smettere di amare il prossimo, altrimenti è finita. Non pensano di essere le uniche ad avere una sofferenza, non si sentono il baricentro del pianeta.
Mamme che hanno la grandezza, la consapevolezza che la propria disperazione, il proprio dolore, non ferma il mondo, per cui è meglio amare tutto ciò che esso è in grado di offrire.
Forse hanno la casa incasinata o forse no. Ma davvero è una questione di valore, sta roba qua?
Loro sanno di quale materia è fatta la vita: una cosa dura, che ti perfora in mezzo al petto. Quelle che hanno un fendente fisso, immobile, che non arretra né avanza, tra le costole, non risparmiandole neanche durante la fase rem.
Queste sono le mamme (ed anche i papà, si intende) che dovremmo ammirare, a cui dovremmo ispirarci.
Persone che guardano al sodo e non alle minxxxate per le quali perdiamo tanto tempo e spendiamo troppe parole inutili.