La Lombardia, prima in assoluto tra le regioni italiane, si appresta a varare un ambizioso progetto che sarà in fase di studio nel triennio 2018-2020, ovvero la creazione di una banca dati del DNA dei neonati, in modo da migliorare le cure e potenziare il ricorso agli screening prenatali.
Neonati, verso la banca dati del DNA
Il progetto appare avveniristico e potrebbe mettere in futuro la sanità lombarda al passo di quella dei più avanzati Paesi esteri, tanto che è oramai imminente il varo di uno studio preliminare a cui dovrebbe poi seguire una consultazione pubblica.
La Regione Lombardia si appresta a varare un piano per creare una banca dati del DNA dei neonati, compiendo un passo importante nello sviluppo della medicina genomica e nel settore biotech. “Siamo i primi in Italia che si apprestano a compiere questo tipo di studio” ha affermato Fabrizio Sala che ricopre non solo la carica di vicepresidente del Consiglio Regionale ma anche di assessore alla Ricerca, aggiungendo che la genesi della suddetta banca dati rivoluzionerebbe l’approccio medico, etico e scientifico a una serie di problematiche che riguardano la diagnosi neonatale la scelta delle terapie.
Il piano della regione Lombardia
Ad oggi, il Sistema Sanitario Nazionale fornisce dei test gratuiti ai bebè solo per un novero limitato di malattie, ma le possibilità offerte dalle nuove tecnologie presto permetterà di intervenire in fase di screening prenatale anche sulla cura di determinati difetti genetici.
Come ha ricordato lo stesso Sala, l’abbattimento dei costi per il sequenziamento del genoma umano offre oramai possibilità inedite ai medici ed è anche tempo che l’Italia si metta al pari di altri Paesi quali, ad esempio, Danimarca e Gran Bretagna, dove sono da tempo attive delle “bio-banche” che conservano il sangue di più della metà degli abitanti.
Inoltre, come detto, prima di varare il progetto verrà avviata una campagna di informazione dei cittadini lombardi su temi poco conosciuti: ad esempio, in cosa consiste il sequenziamento, i costi dello studio, la tutela della privacy dei dati genomici e come è possibile sapere in anticipo di quale malattia ci si rischia di ammalare; insomma, una sorta di “alfabetizzazione genetica” che si concretizzerà in una consultazione pubblica che avrà la facoltà di approvare o bocciare il progetto.