Avete mai sentito parlare di steatosi epatica non alcolica o fegato grasso?
Io non ne conoscevo l’esistenza finché non ho avuto una bambina. Da quel momento ho fatto continue ricerche sull’alimentazione e quello che ho scoperto mi ha letteralmente scioccato: i succhi di frutta industriali e altre bevande zuccherate possono causare la steatosi epatica e addirittura la cirrosi. Vi spiego meglio.
La ricerca dell’ospedale Bambin Gesù
Il dottor Valerio Nobili, responsabile di malattie Epatometaboliche, ha coordinato uno studio all’ospedale Bambin Gesù, condotto in collaborazione con l’Università di Cambridge. Lo studio è stato condotto su un campione di 430 tra bambini, bambine e adolescenti italiani che presentavano la patologia di fegato grasso. I fattori presi in considerazione sono stati: demografici, antropometrici, genetici e comportamentali.
Secondo la ricerca, il fattore determinante la steatosi è la mutazione del gene PNPLA3. Questa mutazione, infatti, è stata riscontrata nel 60% dei casi presi in esame, mentre non si è dimostrata la correlazione con un’alimentazione scorretta. Tuttavia, si è notato che ad aggravare il fegato grasso determinato dalla mutazione genetica ci sono le bevande zuccherate.
Gli effetti collaterali del fegato grasso
Nei casi più gravi, e cioè in presenza di steatosi epatica non alcolica, le conseguenze possono essere addirittura irreversibili:
- danni metabolici caratterizzati da aumento della circonferenza addominale
- ipertensione
- insulino-resistenza
- ipercolesterolemia
Tutti i fattori precedenti possono portare a rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2, sindrome metabolica o malattie cardiovascolari.
Cosa fare per migliorare il fegato grasso?
Fortunatamente non tutto è perduto: dallo studio è emersa l’importanza dello sport. Infatti sebbene affetti da questa patologia, i ragazzi che fanno attività fisica almeno 3 volte a settimana riescono a tenere sotto controllo il grado di severità del fegato grasso.
Lo stesso Valerio Nobili spiega: «Alla luce di queste evidenze sarebbe opportuno monitorare la popolazione pediatrica in sovrappeso e obesa al fine di identificare i piccoli che possiedono la mutazione oggetto dello studio. In questo modo sarà possibile aumentare il livello di attività fisica ed evitare il consumo di bevande zuccherate, di modo da tenere sotto controllo l’impatto che la mutazione ha sull’evoluzione della steatosi epatica. I risultati dell’indagine infatti possono essere utili non solo a identificare il bambino con rischio genetico, ma anche a predisporre diete preventive nei soggetti ad altro rischio».