Il decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) tutela la donna lavoratrice dai rischi che possono verificarsi sul posto di lavoro durante la sua gravidanza e l’allattamento del proprio figlio. Vediamo nel dettaglio esso cosa stabilisce.
Lavori a rischio: perché richiedere la maternità prolungata
Non solo nei 9 mesi di gestazione, ma anche durante l’allattamento, la neo mamma necessita di garanzie e protezioni adeguate per se stessa e per il proprio bambino. A tal fine la normativa vigente prevede che il datore di lavoro, insieme al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS), valuti se le mansioni svolte dalla gestante o dalla neo mamma possano essere rischiose per la gestazione o per l’allattamento.
Una volta stabilito che il ruolo svolto dalla lavoratrice possa pregiudicare il suo stato di salute e/o quello del bambino, è necessario destinarla a mansioni compatibili con la gravidanza o con l’allattamento e, se necessario, esonerarla dall’obbligo lavorativo.
Maternità prolungata: quali sono i principali fattori di rischio durante l’allattamento?
Il legislatore ha individuato diversi fattori di rischio per l’allattamento sul luogo di lavoro, ovvero:
1 – gli agenti fisici: si pensi alle radiazioni ionizzate e alle sollecitazioni acustiche e termiche al di sopra di un certo limite. In tal caso il periodo di tutela può durare fino a 7 mesi dopo la nascita. Qualora, invece, la mamma sia sottoposta a vibrazioni su tutto il corpo (come può capitare, ad esempio, su un mezzo di trasporto), la tutela è valida per 3 mesi dopo il parto;
2 – gli agenti biologici, si pensi, ad esempio, al caso in cui la neo mamma lavori a contatto con pazienti affetti da patologie infettive o mentali;
3 – gli agenti chimici, si pensi, ad esempio, a un lavoro che metta la lavoratrice a contatto con sostanze nocive come vernici, solventi, gas, fumi, pesticidi, ecc;
4 – gli altri rischi, ovvero quelli che comportano uno sforzo fisico significativo o che si svolgono su strutture a rischio caduta (scale, impalcature, ecc.)
Per usufruire di tale periodo di astensione post parto la lavoratrice dovrà comunicare al datore di lavoro il certificato (o l’autocertificazione) di nascita del figlio e l’intenzione di riprendere l’attività lavorativa al termine dell’astensione obbligatoria.
Va detto infine che, nel caso in cui la lavoratrice effettui un lavoro notturno ha diritto a un congedo che può durare fino a un anno dopo la nascita del piccolo.
Sicuramente sei andata in maternità anticipata!.. con la stessa procedura, puoi richiedere la posticipata fino al settimo mese del bambino. Poi, se vuoi, hai la facoltativa!..lo devi fare entro il terzo mese del bambino, prima della fine di quella obbligatoria!..